È una svolta illiberale o solo frastuono propagandistico?

Scendere in piazza per denunciare l’arrivo di un regime dispotico è una operazione del tutto legittima ma che alla fine rischia di diventare ridicola se poi questo regime non si materializza concretamente.

Se non vogliamo buttarla in caciara, come si suol dire, adesso forse è arrivato il momento per chiederci seriamente se siamo in un contesto che prelude ad una “svolta illiberale”, ad un “cambio di regime”, ad una “torsione autoritaria” o una “semi dittatura” nel nostro paese. Lo chiedo perchè dopo l’approvazione alla Camera del progetto sull’autonomia differenziata e al Senato della riforma che introduce il premierato, si sprecano le accuse e le minacce che partono dal nuovo ed inedito “Fronte Popolare” sul ritorno del fascismo, seppur in una versione aggiornata e rivista. Accuse e minacce che vengono puntualmente amplificate dai quotidiani di sinistra e d’opposizione, dai soliti talk televisivi de La 7 e dal tradizionale e ben noto arcipelago editoriale, artistico, accademico, intellettuale e cinematografico della sinistra italiana nelle sue multiformi espressioni.

Ora, e al di là del rispetto rigoroso delle singole opinioni, è quantomai importante chiedersi se tutto ciò risponde al vero o se, al contrario, appartiene solo e soltanto al campo della propaganda spicciola. Un elemento, questo, decisivo perché quando la polemica politica – in sè legittima e scontata – assume questi toni è di tutta evidenza che se il pericolo non è reale e percepito, ci troviamo di fronte ad una burla che se viene ripetuta ossessivamente rischia anche di trasformarsi In una farsa. Perché se si è veramente alla vigilia di una svolta illiberale o ad un cambio di regime non ci può essere un attimo di tregua. Non può valere, cioè, quella gag del teatro comico napoletano che “rinvia la rivoluzione all’autunno perchè d’estate fa troppo caldo”… E poi, forse, per tornare all’oggi, adesso ci prendiamo anche una pausa sul “rischio fascista” perché ci sono gli Europei di calcio che sono, come ovvio, ben più importanti e nazional-popolari.

Insomma, per evitare di girarci attorno, anche il neo Fronte Popolare deve chiarirsi le idee.

Scendere in piazza una volta o due al mese per denunciare l’arrivo di un regime dispotico, illiberale e strutturalmente anti democratico è una operazione del tutto legittima ma che alla fine rischia di diventare ridicola se poi questo regime non si materializza concretamente. Si corre, cioè, il rischio di replicare la narrazione dei “martiri dell’informazione”. Cioè di professionisti dell’informazione che confondono la libertà di pensiero e di espressione con i loro contratti milionari. E che il circo mediatico cosiddetto progressista eleva a guru intoccabili e dogmatici a difesa delle libertà democratiche di tutti noi e che per questi motivi ci invita nuovamente alla mobilitazione permanente in piazza…

Ecco perché la sinistra – quella radicale e massimalista della Schlein, quella estremista e fondamentalista del duo Fratoianni/Bonelli e quella populista, demagogica e antipolitica dei 5 Stelle – adesso deve sciogliere, e definitivamente, questo nodo. E cioè, o la situazione complessiva richiede una nuova, inedita e permanente Resistenza – allora non c’è pausa temporale o stagionale che tenga – oppure, e al contrario, si tratta del solito copione a tutti ben noto da svariati decenni. E cioè, dai governi di Alcide De Gasperi dal secondo dopoguerra in poi, ogniqualvolta la sinistra non è al potere c’è un concreto rischio di “deriva fascista” nel nostro paese. Ma questo, detto fra di noi, appartiene solo al frastuono e allo schiamazzo propagandistico di un campo politico che ha scarsi argomenti da mettere in campo per essere una vera e credibile alternativa. Solo il tempo, comunque sia, ci dirà da che parte sta la ragione.