Ad oggi non sappiamo se si vota, quando si vota e come si vota. L’unica cosa che sappiamo è di essere entrati in una fase dove non si può restare alla finestra. Ormai il dado è tratto. Gli equilibri politici del marzo 2018 sono saltati tutti. E cioè, la Lega di Salvini pensa di avere – e non a caso ce l’ha – il vento in poppa ed è disposta a correre da sola, o in compagnia di alleati per strappare quasi tutti i collegi uninominali in ballo nell’intera penisola. Il centro sinistra, oggi, semplicemente non c’è. La strana concezione di Zingaretti secondo la quale i potenziali alleati del Pd devono ricevere l’autorizzazione del segretario dello stesso partito per poter competere – l’ormai famoso “lodo Calenda” – non depone granché a favore per ricostruire una coalizione competitiva, forte, plurale e capace anche di vincere in qualche collegio uninominale al di là di alcune province toscane e di alcuni territori dell’Emilia Romagna. Non a caso, almeno così pare, sarebbe ammesso nella coalizione solo un fantomatico “partito ambientalista” oltre al solito civismo che, come ben sappiamo, e’ trasversale ed è difficilmente riconducibile ad uno schieramento politico. I 5 stelle potrebbero anche scomparire, od uscire fortemente ridimensionati, visto la velocità di cambiamento delle scelte elettorali dei cittadini italiani.
Di fronte a questo quadro e’ persin inutile porsi la domanda: e noi, cioè i cattolici democratici, i cattolici popolari, i cattolici i liberali, i filoni culturali che non sono riconducibili alla sinistra o alla destra, al populismo antisistema dei 5 stelle o ai cultori della mera testimonianza, cosa devono fare? La risposta, appunto, e’ del tutto scontata: a prescindere da quando si vota, occorre semplicemente “essere in campo”. Non si tratta, com’è ovvio, di certificare la presenza di un “partito di centro”. Che non rientra in nessuna delle ipotesi in campo ma, al contrario, di dar voce a mondi vitali, ad interessi sociali, a gruppi culturali e a una posizione politica che oggi non è rappresentata e che si rifugia in un crescente astensionismo o vota stancamente i partiti esistenti.
Un cartello elettorale? Un partito? Un movimento politico? Una lista? Certamente un progetto politico chiaramente alternativo al populismo, al sovranismo e alla demagogia antisistema ma autonomo e con una chiara identità. Che, come ovvio e ispirandosi ad un caposaldo della tradizione del cattolicesimo politico italiano, persegue e declina sino in fondo la cosiddetta “cultura delle alleanze”. E cioè, senza chiusure narcisistiche, autoreferenziali o clerical/confessionali.
È questa, oggi, la vera sfida politica per chi non si limita a tifare dagli spalti. Il resto è accademia, pre politica, testimonianza e, purtroppo, radicale irrilevanza politica. Le prossime settimane saranno decisive per il decollo di questo progetto. Aperto a tutti, a cominciare dai delusi degli attuali partiti di opposizione all’ex esecutivo giallo verde.
Giorgio Merlo