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martedì, 25 Novembre, 2025
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Elezioni regionali, astensionismo e un nuovo flop della politica

La tornata elettorale in Veneto, Campania e Puglia mostra una democrazia svuotata: non governi migliori, ma minoranze organizzate che vincono nell’indifferenza di un elettorato ormai estraneo alla politica.

Sipario sulle urne: il gioco delle coalizioni

La tornata elettorale in Veneto, Campania e Puglia ha avuto termine e possiamo tirare un sospiro di sollievo. Non si assisterà oltre ad un quadro che di avvincente ha avuto solo la possibilità di scommettere sui dati di un astensionismo più o meno da record. Chissà se i bookmakers inglesi si sono cimentati nell’occasione. Si tira il sipario e non si vedranno alleanze improbabili tra amici fino a ieri pronti a scannarsi e a cambi di casacca dove il responsabile è ancor più chi accoglie piuttosto di quello che si propone. Per qualche giorno si procederà all’analisi del voto solo per regolare i conti all’interno di ogni coalizione ma tutto resterà sostanzialmente come prima.

Ora, vale soprattutto per la Campania, si dovrà pur governare in qualche modo quella terra e si vedrà se sarà Fico a dare le carte o se, in caso sia “sficato”, il potere lo gestiranno De Luca padre e figlio. E’ un’ultima puntata destinata a durare cinque lunghi anni.

Numeri che parlano più della propaganda

Al voto sono andati i militanti di ogni partito ma non tutti i bravi cittadini pronti a riconoscere il consenso a questa o quella formazione politica. Si ripete un ragionamento già espresso in passato ma che purtroppo non smette di perdere consistenza. Siamo di fronte in questa occasione, occhio e croce ad una percentuale di votanti attorno al 40%, punto più punto meno.

A titolo di esempio, pallottoliere alla mano, se un partito ha oggi ottenuto un 20% di voti ha poco da vantarsi. Sul 100% dei votanti quel 20% indica che solo 8 cittadini sui potenziali 100 hanno messo la croce su quel simbolo. Numeri assai più mortificanti potrebbero registrarsi per chi ha incassato una percentuale di preferenze ancora inferiore. Si continua a far passare per fisiologica una percentuale di astensionismo che dice molto di più delle semplificazioni di comodo.

La scienza matematica insegna che per avere una maggioranza su un 40 votanti è sufficiente convincerne 21, operazione assai più agevole che guadagnare la fiducia di 51 elettori se il 100% degli elettori andasse ai seggi pronti a barrare la scheda a vantaggio di questo o quell’altro. Per una politica che ha smarrito senso della coerenza, visione ed anche una etica di comportamenti tra cui la sobrietà dei modi, l’astensionismo diventa così una autentica manna di salvezza.

Il voto disertato: comodità per il potere, sconfitta per il Paese

Il popolo non lo sa ma disertare le urne è una protesta che torna comodo ad un potere pigro o peggio ancora incapace di proporre qualcosa che sproni l’uomo della strada ad esprimersi per chi governerà lì dove vive e dove i suoi interessi potrebbe essere maggiori rispetto alla competizione politica nazionale. Del resto sempre il popolo ha ragione a restarsene a casa, è un silenzioso rigetto delle proposte in campo. Quando si forza la mano e si vuole mettere, controverso, un cuore politico che non piace al corpo del popolo, il rischio di rigetto è quasi inevitabile.

Non sorprenda che i partiti, almeno in ambito regionale, non abbiano avuto l’ambizione di provocare il popolo a far ressa davanti alle urne. Ne ricevono, nel breve, un indubbio vantaggio. Ma alla lunga non tutti i flop sono invisibili ed un tonfo, piaccia o no, fa sempre rumore.