In Svizzera, i cambiamenti politici raramente avvengono con clamore. Eppure, il 1º gennaio 2021 ha segnato una svolta silenziosa ma storica: la nascita de Il Centro. Frutto dell’unione di due tradizioni diverse ma complementari – il Partito Popolare Democratico (PPD), ancorato alla radice cattolico-sociale, e il Partito Borghese Democratico (PBD), nato da una scissione dell’UDC – questo nuovo soggetto politico ha raccolto un’eredità secolare per proiettarla nel futuro.
Per decenni, il PPD aveva rappresentato il baricentro della politica elvetica, una forza capace di mediare, unire e stabilizzare. Con Il Centro, quella storia non si è chiusa: si è trasformata in un progetto più ampio, che parla di modernità ma resta fedele a un’idea antica di politica, fatta di servizio, responsabilità e legame con la comunità.
“Pensare l’impensabile” — La dichiarazione che cambia il tono
In un’intervista concessa ieri alla RSI, Andrea Gmür‑Schönenberger, senatrice del Centro e presidente della Commissione Sicurezza al Consiglio degli Stati, ha aperto uno spiraglio imprevisto:
“Ormai siamo giunti al momento di pensare l’impensabile”, ha detto.
Pur confermando che l’F‑35 resta a suo giudizio il miglior aereo oggi disponibile, ha chiarito che “come ultima opzione, non dobbiamo escludere di fare marcia indietro, e puntare piuttosto sui Rafale francesi. I Paesi europei si stanno dimostrando affidabili, mentre con Trump negli Stati Uniti regna l’arbitrarietà.”
Proposte di risposta: da Facebook ai farmaci
Alla domanda su come reagire, Gmür non si è limitata a evocare i caccia militari. Ha proposto altre misure di pressione:
“Potremmo rinunciare all’obbligo della tassazione minima OCSE, oppure tassare in modo più deciso le grandi piattaforme digitali come Google e Facebook. Un’altra ipotesi: concordare con l’industria farmaceutica una pausa nelle forniture verso gli USA”.
Parole pesanti, che mettono nero su bianco un sentimento crescente: quello di un Paese colpito e stanco di subire.
I partiti di sinistra e una parte dei liberali avevano già espresso critiche al contratto sugli F‑35, ma finora il Centro aveva mantenuto una posizione di continuità. L’intervista di Gmür segna dunque una svolta, o almeno l’apertura di un’altra fase: più prudente, più legata alle condizioni geopolitiche che mutano, più attenta alla credibilità delle controparti.
Una lezione politica da non sottovalutare
Che una nazione neutrale, relativamente piccola, ma consapevole della propria dignità istituzionale, metta in discussione un accordo militare con gli Stati Uniti è tutt’altro che irrilevante.
La Svizzera non si piega, e lo fa attraverso le sue istituzioni. E il Centro, erede dei popolari cattolici che hanno costruito l’equilibrio democratico del dopoguerra, mostra di saper stare dentro la storia con lo sguardo rivolto al futuro.
Non è un atto di forza, ma di coerenza. In tempi di crisi, è già molto.