Francesco ha lasciato questo mondo dopo averlo benedetto, ieri a Pasqua, con la benedizione Urbi et Orbi. Lo avevamo visto sofferente, in Piazza San Pietro, ma come sempre aperto all’abbraccio dei fedeli.
La commozione dell’ora s’accompagna all’avviso della sua grandezza di Pastore. Ha voluto la Chiesa in uscita, alla ricerca di strade nuove e con lo sguardo sull’umanità bisognosa. Aveva esordito, appena eletto, con il richiamo alla necessità di comprendere i “lontani”, quelli non toccati dal messaggio evangelico o resi indifferenti alla testimonianza cristiana.
Eppure, da gesuita, è stato uomo di battaglia: contro la guerra si è mostrato rigido, inflessibile, intransigente. La sua profezia ha sollevato il velo sulla terza guerra mondiale a pezzi.
Le prime reazioni all’annuncio della scomparsa parlano di un’eredità – le encicliche, i viaggi, i gesti grandi e piccoli – che si protende nella incessante domanda di futuro, per la Chiesa e per il mondo.
Egli ci consegna il dovere della speranza.