Riportiamo la seconda parte del testo di Tino Bino, autorevole esponente del cattolicesimo democratico bresciano, che ricorda sull’organo dell’ANDC (Associazione Nazionale dei Democratici Cristiani) – inglobante da questo numero la scritta “Per l’Azione” sotto la testata “Democraticicristiani” – la figura di Franco Salvi nel centenario della sua nascita (13 dicembre 1921)
Dopo la guerra Franco Salvi si impegnò immediatamente nella ricosruzione. Fu vice-presidente nazionale della FUCI per volere di Montini, poi Paolo VI. E in breve, iscritto alla Dc, divenne responsabile della Camilluccia, la scuola quadri del partito. Passò da lì l’intera classe dirigente democristiana, metà del giornalismo italiano, tutta la dirigenza dell’industria pubblica. Fu a lungo parlamentare, primo collaboratore di Aldo Moro, responsabile dei morotei, fondatore del moroteismo, e dei rapporti, per conto di Moro, con i leader della sinistra, e le figure d’oltre Tevere, le teste pensanti del Vaticano. Incarnò in prima persona la linea politica del cattolicesimo democratico.
Gettò a lungo lo sguardo sui problemi internazionali con collaborazioni dirette e indirette, promosse movimenti, fu presidente di associazioni per l’Africa e per l’Est Europa. E alla fine accettò ruoli secondari, incarichi di modeste identità. Non chiese mai nulla per sé, la sua carriera, il suo prestigio. Ho incontrato due anni fa, poco prima che morisse, Nicola Rana, l’intellettuale di Moro. Abbiamo parlato a lungo di Franco. Mi ha confermato che Franco Salvi è stata una delle personalità più rigorose e cristalline della Dc italiana e che non ebbe ciò che meritava. Molte volte il suo nome figurava nella lista dei ministri da nominare, ma lo stesso Moro ne chiedeva la rinuncia. Franco, diceva, doveva stare al partito, doveva dirigere il gruppo, essere il riferimento delle mille controversie che nascevano in ogni parte d’Italia. La fedeltà, il coraggio, la testimonianza, lo sguardo al futuro, la passione per il rigore e la verità, l’assunzione del rischio personale, sono tutte qualità che si trovano intatte nel discorso storico che Franco pronuncia dalla tribuna del XIV congresso del febbraio 1980.
Lo ricorda in una bella pagina Corrado Belci nella biografia dedicata a Franco. Fu deriso, insultato, fischiato dai dorotei e da quanti stavano aderendo ad una linea che era un insulto alla memoria di Moro. Denunciò l’ipocrisia, il potere fine a sé stesso, il trasformismo imperante, le congiure, il capovolgimento e il tradimento della linea di Moro e Zaccagnini. Faticò a terminare l’intervento. Le sue parole erano sommerse da urla e minacce. In tribuna stampa, dove io sedevo, arrivavano solo echi e stralci del discorso. Ma Salvi, un piccolo punto grigio, isolato e solitario sulla tribuna al centro di una assemblea babelica, non si intimidì. “Amicus Plato, concluse, sed magis amica veritas. Per questo, amici, ho parlato, ho creduto doveroso dire quello che vi ho detto”. Ed era come un addio, un congedo limpido in una stagione che avrebbe cominciato il declino finale di una lunga storia.
Il pdf di “Democraticicristiani-Per L’Azione” sarà distribuito ai lettori de “Il Domani d’Italia” già a partire dalla serata di oggi, lunedì 13 dicembre 2021.