Il Palais Galliéra, Museo della Moda di Parigi, che ha riaperto da poco dopo alcuni lavori di ampliamento, ospita fino al 14 marzo 2021 la prima retrospettiva francese di una “sarta” straordinaria, di cui si ricordano i cinquant’anni dalla scomparsa: Gabrielle Chanel (1883-1971). 

Coco Chanel, così si faceva chiamare, è stata la stilista più rivoluzionaria del Novecento. Ebbe un’infanzia turbolenta negli affetti e nella formazione (la prematura morte della madre e l’abbandono da parte del padre poi gli anni in affidamento alle suore del Sacro Cuore a Aubazine). Dopo i diciotto anni la ritroviamo commessa nella bottega Maison Grampayre a Moulins. Nello stesso periodo si esibisce anche come cantante in un caffè e, secondo racconti tramandati, nasce il soprannome Coco poiché intonava spesso la canzone “Qui qu’a vu Coco?”. Erano anni in cui Paul Poiret dominava la moda femminile. Gabrielle Chanel, nel 1912, andò a Deauville poi a Biarritz e Parigi per rivoluzionare il mondo della “couture” e generare un vero e proprio manifesto della moda. 

L’esposizione (più di 350 pezzi oltre a documentazioni varie), la cui direzione artistica è di Olivier Saillard, si sviluppa secondo uno schema cronologico. La prima parte rievoca i suoi inizi con alcuni pezzi emblematici, tra cui il famoso top da marinaio del 1916 in jersey (tessuto ritenuto ideale per morbidezza ed effetto estetico). L’itinerario espositivo prosegue con l’evoluzione dello stile: dai tubini neri e vari modelli sportivi dei ruggenti anni Venti per giungere agli abiti sofisticati degli anni Trenta. Un’intera stanza è dedicata al profumo N.5 creato nel 1921, la quintessenza dello spirito di Coco Chanel, una donna oltre il tempo come questa sua fragranza più nota.

“La moda passa, lo stile resta” ella era solita affermare, pensando alla fashion come necessità per ciascuno di distinguersi nel pieno rispetto della propria natura. In questa osservazione ritroviamo la sua personalità che con il gusto e l’alternanza del bianco e nero – allo scopo di rendere unica e speciale ogni figura femminile – cerca una sorta di “democratic style” (anche se, solitamente, le mode sono sempre di classe). Poi arriva la guerra e la chiusura della “maison”. Nel 1954, Coco ha 71 anni e si riappropria del “palcoscenico fashion” ancora per molto tempo, amata da prestigiose “clienti”, tra tutte Jackie Kennedy che, anche nel giorno dell’assassinio del marito, indossava proprio un tailleur Chanel.

La moda segue il trasformarsi della società e riflette il suo tempo. Chanel diceva che “essere plagiati è il più grande complimento che si possa ricevere: succede solo ai grandi”. Ed ecco che viene alla mente il mondo degli “influencers” d’oggi, persone che s’inseriscono fra le trame della comunicazione, che poco hanno a che fare con grandi protagonisti del passato come Gabrielle.

Conoscere alcuni artisti attraverso rassegne biografiche permette di comprendere la storia e, di conseguenza, ragionare su alcuni fenomeni del presente. 

Riguardo la moda, ciò che l’ha caratterizzata negli ultimi anni è la ricerca del vintage, la tendenza dello street style e l’attenzione rivolta a “hit girl” e star del mondo dello spettacolo, che divengono non solo testimonial, ma fonti di ispirazione e collaborazione anche per le case di moda. Gli accessori e le borse iconiche di tendenza diventano elementi indispensabili e rappresentano oggetto di desiderio per moltissime adolescenti, ragazze e donne. Una tendenza psicologica dell’imitazione diffusa nella quotidianità, scandita da repentini cambiamenti e bombardamenti visivi e sonori. Su questo tema si deve riflettere perché, come ha constatato il sociologo Georg Simmel, “L’imitazione corrisponde ad una delle tendenze fondamentali della nostra natura … quella che si appaga nel fondere il singolo con l’universale e accentua il permanente nel cambiamento. Ma quando, viceversa, si ricerca il cambiamento nel permanente, la differenziazione individuale, il distinguersi dalla generalità, allora l’imitazione è un principio negatore e ostacolante”. Insomma, il solito dilemma della moda: desiderio di cambiare e tendenza ad uniformarsi.

La moda è dunque testimonianza del presente, espressione collettiva del momento in forma più incisiva di altre creazioni visive. Essa riveste un ruolo sociale importante e vive fino a quando è in voga. In tal senso rappresenta la caducità dell’esistenza. Un elemento che sembra appagare e rendere felici, ma che in realtà rimane alla periferia della nostra personalità, giocando con emozioni che nascondono pulsioni ed esigenze della profondità umana. Coco Chanel diceva che “la felicità non è altro che il profumo del nostro animo” quindi non omologazione, ma unicità dell’individuo e la giusta distanza da un consumismo sfrenato.