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domenica, 27 Luglio, 2025
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Gaza, la vetrina del disonore globale

Non più la guerra, ma la fame: la striscia palestinese diventa teatro di una tragedia silenziosa e senza rimedio, fra ipocrisie internazionali e rifiuto del contatto umano.

Assai più di Tel Aviv, la cd. collina della primavera, Gaza, la fiera e la forte, la sta superando in appeal e c’è il rischio che un giorno diventi assai più gettonata turisticamente della città di grido di Israele. Sarà così quando si riscostruirà, per fantasia di alcuni, secondo progetti avveniristici o perché sarà lasciata come è ora, restando per sempre la testimonianza degli effetti di una guerra.

Nella seconda ipotesi, altri esempi al mondo di quello che hanno accolto bombe ed altri ordigni similari in quantità industriali non ce ne sono e neppure ne verranno. La mania degli uomini è sempre quella di rimettere tutto a posto. Invece Gaza potrebbe essere il magnifico cimelio di ciò che un tempo le è accaduto.

Una città che resiste nel tempo

Quella terra è destinata comunque a far per sempre parlare di sé. Se la sfolleranno resterà deserta, conservando l’odore acre della polvere delle armi che non avrà chi lavarla da dove si è posata.

In caso voglia avviarsi, al contrario, una ricostruzione da lasciare stupiti, si emulerà un progetto alla Las Vegas, un esempio di singolare gioia sulle fondamenta di migliaia di morti.

Da quelle parti la guerra è passata in second’ordine. Non sono raffiche di mitra o la marcia di carri armati o i fallimenti di una intesa di pace a far parlare della questione. Sarà iscritta nella “Hall the fame” della Storia per un altro motivo.

Ora è la fame a fare gazzarra a pieni polmoni, si è imposta sulla scena senza il fuoco di un colpo di pistola per farsi largo tra le pance dei suoi abitanti che hanno imparato a nutrirsi dell’aria che passa. Sempre più spesso a qualcuno rimane indigesta e ci lascia la pelle.

“Non è questo il mio nido Ove nudrito fui sì dolcemente?” poetava il Petrarca che se oggi passasse da quelle parti si direbbe di aver sbagliato tutto o almeno il luogo a cui affidare i suoi versi.

Per avere la coscienza a posto la comunità internazionale si dà scandalo per la mal nutrizione incombente che qualcuno osa chiamare carestia, una mancanza di grazia alla quale va aggiunto l’aggettivo “alimentare” per far intendere bene che non si tratta di questioni di spirito ma di stomaco.

 

Unelemosina lanciata dallalto

Ci sono conti che non tornano. Le nazioni del mondo e le organizzazioni internazionali, non ultima l’ONU, denunciano una situazione che non può andare più avanti in questo modo.

Gli Israeliani chiariscono di non avere responsabilità al riguardo. È la mafia di Hamas che sequestra gli aiuti di cibo imbastendone un mercato nero, facendo in modo di ingozzare, fino ad essere satolli, l’odio per il popolo eletto. È sempre Hamas che spara sulla folla che è in fila per un boccone di pane dando colpa al nemico e viceversa.

Si muore comunque forse di più per un buco nello stomaco ma non è a causa di proiettili vaganti. Anche i pensieri di quella gente hanno smesso di avere paura, dalla fame non si può scappare e quindi tanto vale restare dove sono.

Non è chiaro come sia possibile che la forza degli eserciti di tutti quelli che protestano nel mondo non sia almeno in grado di assicurare la distribuzione ordinata di un rancio agli impavidi che hanno deciso di sopravvivere.

Non si parla di una chissà quale operazione di Peace Keeping ma di presidiare soltanto aree in cui la gente possa riempirsi in modo ordinato la pentola per la giornata.

Sembra si stia invece adottando una soluzione ipocrita quanto inutile. Dall’alto del cielo pioveranno derrate, che saranno preda comunque di chi comanda su quella terra o che al meglio scateneranno una lotta tra loro di disperati per arraffare la speranza di arrivare forse al giorno dopo.

 

Dall’alto verso il basso

Si ha l’impressione di un timore a contaminarsi con quella plebe dabbasso, come non si voglia avere nessun contatto con i Gazawi che hanno qualcosa di repellente da cui debitamente guardarsi.

Dall’alto verso il basso, dal cielo verso terra è il gesto di una elemosina che racconta di non aspettarsi altro, di non eccedere in confidenza, di non illudersi di essere sullo stesso piano. Neanche la gazza ladra rischia di volare da quelle parti non sapendo cosa beccare. Lì anche la stessa Fame, per lo schifo, ha perso appetito.