A una settimana dalla riunione del Consiglio centrale dell’Olp, convocata a Ramallah dal presidente Abu Mazen, lo scontro politico palestinese si inasprisce ulteriormente. L’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) ha infatti diffuso una nota durissima, in cui accusa Hamas di aver saccheggiato gli aiuti umanitari destinati alla popolazione di Gaza. Pubblicata dall’agenzia ufficiale Wafa, la dichiarazione condanna “bande criminali affiliate ad Hamas” per furti e violenze contro i depositi di aiuti, definendo tali atti “vergognosi” e assicurando che “il popolo palestinese non li perdonerà”.
Durante la riunione del Consiglio centrale, Abu Mazen aveva già lanciato un attacco frontale al movimento islamico, accusandolo di sabotare la causa palestinese e arrivando a definirne i leader “figli di cani”. Non solo: ha chiesto la resa delle armi e la consegna della Striscia all’Anp, riproponendo una linea cara a Israele e alle potenze occidentali. Hamas ha reagito con sdegno: “Insultare il proprio popolo in un momento di catastrofe è inaccettabile”, ha dichiarato Basem Naim, dell’ufficio politico del movimento.
Il Consiglio centrale, da molti boicottato per l’assenza di un reale dialogo con tutte le forze politiche, ha inoltre introdotto una modifica statutaria per istituire la figura di vicepresidente dell’Olp. In molti vi hanno letto una mossa preparatoria per la successione ad Abu Mazen. Il nome in pole position è quello di Hussein al-Sheikh, volto gradito a Israele e Stati Uniti, ma inviso a una parte significativa della popolazione palestinese.
Il nodo resta sempre lo stesso: l’assenza di un processo politico inclusivo e rappresentativo. Senza elezioni, senza unità e con una leadership divisa e delegittimata, ogni riforma rischia di apparire come un cedimento alle pressioni esterne. Intanto Gaza continua a pagare il prezzo più alto.