Ieri, a Roma, l’Anci ha celebrato in presenza il suo primo Consiglio nazionale post Covid-19. In apertura di assemblea Enzo Bianco, in qualità di presidente del “parlamentino” dell’Associazione, ha dichiarato che l’incontro era dedicato a Giorgio La Pira nell’anniversario della sua elezione, per la prima volta, a Sindaco di Firenze nel 1951. Al centro del dibattito il rapporto tra amministratori locali e magistratura. L’occasione si è comunque rivelata propizia per dare un contributo – lo ha fatto, come di seguito si legge, la Consigliera del Comune di Viterbo – al fine di “pensare” alla necessaria “rifondazione” dell’Anci.
L’Anci ha accolto il suggerimento che noi – Giorgio Merlo ed io – avevamo lanciato, trovando l’appoggio immediato di Nardella, per ricordare i 70 anni dalla elezione di Giorgio La Pira a Sindaco di Firenze.
Il Consiglio nazionale dell’Anci ha dunque reso omaggio al più visionario dei politici e degli amministratori locali del Novecento.
Il fatto che attorno alla figura di La Pira sia venuta alla luce un largo sentimento di condivisione è la riprova che oggi, nel mezzo di una transizione ricca di opportunità ma anche di incognite, il mondo degli amministratori locali ha bisogno di ritrovare alcuni punti di riferimento morali e politici.
La specchiata testimonianza offerta da La Pira nel servire la comunità locale ci aiuta a spiegare le ragioni che rendono complicata ai nostri giorni la vita degli amministratori. Dobbiamo difendere il loro – e dunque il nostro – onore.
Parlo degli amministratori locali perché spesso, nel citare i Sindaci, rovesciamo involontariamente sulla pubblica opinione un’idea monocratica del mandato amministrativo, ignorando l’apporto decisivo di tutti gli eletti nei Consigli, naturalmente anche di quelli schierati all’opposizione.
Non dobbiamo proporre un’immagine riduttiva del del nostro impegno pubblico, per di più “corporativizzando” la figura del Sindaco (e quindi dell’Anci come Associazione…dei Sindaci).
Giustamente siamo preoccupati per il carico di responsabilità che porta la magistratura a mettere sotto assedio- mi si passi la metafora – l’attività amministrativa (certo, in primis dei Sindaci).
Tuttavia, se l’allarme ha un senso, lo ha nella misura in cui riandiamo alla radice del problema: la legislazione, specie quella regionale, assegna responsabilità che lasciano gli amministratori locali in balia del caso, sicché finire sul libro degli indagati è diventata una “logica di sistema” (visto che le norme regolano in questo modo il sistema amministrativo).
Le leggi, dunque, devono essere più chiare e più concrete, senza cioè un apparato di facili rimandi alla suddetta responsabilità di chi è chiamato, tra tante difficoltà, a prendersi cura dei bisogni e degli interessi delle comunità amministrate.
Non vogliamo tutele ad personam, bensì chiarezza di responsabilità. Senza demagogia.
In sostanza, dobbiamo pensare a un nuovo protagonismo degli enti locali nel processo di rilancio del Paese.
In autunno, dopo l’importante turno elettorale che porterà al rinnovo di molti Comuni grandi e piccoli, dovremo su questo ragionare bene, per immaginare un colpo d’ala – un congresso straordinario? – a beneficio della rinnovata credibilità dell’Anci.