L’accordo a Vienna tra Popolari e Verdi è una buona notizia per l’Europa.

Mentre la politica britannica da’ esempio di spericolatezza ed egoismo, e in Spagna si registra un maldestro tentativo di animare una Isquierda rimpannuciata alla meglio, nel cuore della Mittleuropa si respira finalmente l’aria della novità.

Due partiti molto diversi, con storie assai distanti l’una dall’altra, hanno deciso di mettere insieme le cose migliori di cui sono in possesso. Nasce un governo con l’ambizione di assegnare all’Austria un ruolo guida nelle politiche ambientali del Vecchio Continente.

Tra gli impegni sottoscritti da Sebastian Kurz per l’Övp e Werner Kogler per i Grünen ce n’è uno che interessa l’Italia: quello di escludere, cioè, il riconoscimento del doppio passaporto per i tirolesi dell’Alto Adige. È un gesto di equilibrio e di saggezza, che non limita, per altro, l’autonomia della minoranza di lingua tedesca, ben protetta dal Patto De Gasperi-Gruber (1946) e da successivi provvedimenti legislativi.

Va detto, invece, che il buon esempio austriaco non si rispecchia nella ribadita volontà di proseguire sulla via della lotta all’immigrazione clandestina. S’intravede, a riguardo, il rischio di perpetuare una vocazione delle nazioni centro-europee a ignorare la delicatezza di un fenomeno che da tempo si è caricato di tragedia sul versante del Mediterraneo. Di questo bisognerà continuare a discutere con assoluta schiettezza, per tentare di avvicinare le posizioni tra Italia e Austria, nonché tra l’Europa dei fondatori e le nazioni dell’ex blocco sovietico.

Il governo verde-turchese – così è stato definito – restituisce per altro ai Popolari austriaci un’immagine di forza dinamica, sensibile alle novità, aperta al cambiamento. La tradizione cristiano-sociale ha significato molto per i cattolici italiani agli albori del secolo scorso. De Gasperi aveva studiato a Vienna. Certo, negli ultimi venti o trent’anni poco o nulla, ai nostri occhi, è rimasto delle battaglie di politica sociale che più di un secolo fa mettevano il Partito popolare austriaco su un piano di efficace concorrenza con i socialdemocratici.

Oggi la svolta di governo conferisce ai Popolari austriaci una credibilità che nel tempo era andata declinando. Si alza nuovamente una bandiera, perché difficilmente l’alleanza verde-turchese potrà perdersi nella banalità del quotidiano: o farà grandi cose o andrà in pezzi clamorosamente. L’augurio, naturalmente, è che possa realizzare quanto di meglio si attende il popolo austriaco e con esso l’Europa intera.

Ma esiste anche un altro augurio, più squisitamente politico. Esso riguarda anche noi, vale a dire noi Popolari italiani ovunque dispersi. L’augurio ruota attorno alla scommessa che irradia l’accordo social-ambientalista, segnando un nuovo percorso del popolarismo europeo, sopratutto se anche i democristiani tedeschi avvieranno un analogo processo di apertura al mondo ambientalista. Sarebbe un errore, in fin dei conti, derubricare a fatto meramente nazionale la svolta che il giovane leader dell’Övp, Sebastian Kurz, ha impresso al suo partito e a tutta la politica austriaca.

Ci sono legami storici tra Popolari al di qua e al di là del Brennero. Forse un’iniziativa sull’asse Roma-Trento-Vienna potrebbe essere interessante, specie se potesse incrociare la ricorrenza del 19 gennaio e quindi il ricordo dei “liberi e forti” di Sturzo. Ci vuole uno sforzo di fantasia, un di più di fiducia sulle possibilità che la politica riserva, anche per innestare su di essa, ovvero sulla nuova politica, qualcosa che conservi il dinamismo della tradizione cattolico democratica e popolare. Non possiamo rimanere fermi.