Diciamocelo con franchezza e con onestà. Dobbiamo essere sinceramente grati a Nicola Zingaretti. Lo devono essere la sinistra, il centro sinistra, i democratici sinceri e forse l’intera politica italiana. Zingaretti è riuscito, in poco tempo e con la sua leadership, dimessa ma chiara, di centrare un obiettivo: e cioè, aver fatto ridiscendere in campo la sinistra. E quindi, di conseguenza, ridare vita ad un partito di sinistra. È tornata, in sintesi, la gloriosa esperienza e tradizione della sinistra italiana. È tornato, cioè, il Pds travestito da Pd. Questo è il grande cambiamento giustamente richiamato dal neo segretario nazionale del Pd Zingaretti. Del resto, solo un esponente, peraltro autorevole e prestigioso, della lunga e travagliata filiera del Pci/Pds/Ds poteva guidare questa nuova fase politica.
È persin scontato che tutto ciò coincida con il radicale superamento di quello che ha caratterizzato la fase politica precedente del Partito democratico. E quindi l’archiviazione definitiva del renzismo, del partito a vocazione maggioritario, del partito plurale – la pluralità vera, però, non quella finta della propaganda – della identificazione del partito con il suo capo, della liquidazione delle alleanze e via discorrendo. È un altro partito, un altro progetto politico, un altro approccio e, soprattutto, un’altra modalità concreta di far politica.
Appunto, e’ un altro partito con un’altra ragione sociale. È tornata, lo ripeto, la tradizione, l’esperienza, la cultura e la prassi della sinistra post comunista. Certo, e’ curioso che questo cambiamento totale e radicale sia co-gestito da molti di coloro che sino a qualche mese fa erano turbo renziani e feroci ed esaltati tifosi di Renzi e del renzismo. Faceva un certo effetto, al riguardo, assistere al ripetuto applauso ad ogni passaggio dell’intervento di Zingaretti di fronte ai delegati dell’Assemblea nazionale di personaggi come Piero Fassino – un nome per tutti – quando il neo segretario invocava una radicale discontinuità con il passato. Quel passato che vedeva moltissimi esponenti seduti in prima fila all’hotel Ergife spellarsi le mani quando Renzi invocava “radicale discontinuità” rispetto alla gestione bersanaiana ed avallare, di conseguenza, tutte le scelte politiche strategiche di Renzi. Ma questo e’ un dettaglio, fa parte del cronico malcostume della politica italiana. Come quello di far credere che nel nuovo corso del Pd/Pds siano scomparse le correnti e i molteplici e profondamente radicati gruppi di potere che caratterizzano la storia e l’esperienza di questo partito. Una balla che, comprensibilmente, va raccontata ai gonzi ogniqualvolta si inaugura un cosiddetto “nuovo corso”.
Ma, al di là di questi aspetti folcloristici, quello che conta adesso sotto il profilo politico e strategico, e’ la chiarezza che Zingaretti ha impresso al nuovo corso del Pd/Pds. Finalmente, era ora, e’ ritornata la sinistra con tutti i suoi riti, la sua simbologia, la sua storia, la sua esperienza e le sue modalità concrete di rapportarsi con la società italiana in questa particolare fase storica. Ne avevamo bisogno. E Zingaretti, proprio per non smentire questa “rivoluzione”, l’ha subito fatto capire. Al di là, e com’è ovvio e comprensibile, degli slogan e della propaganda che recita il contrario.
Ora va costruita la coalizione e l’alleanza. La sinistra, la filiera di Zingaretti del Pci/Pds/Ds farà sicuramente la sua parte. E la farà al meglio, ne sono profondamente convinto. Salvo sorprese. Tocca a chi non proviene da quella nobile e gloriosa tradizione ricostruire un altro campo. Quello del cosiddetto “centro”, liberal democratico e cattolico popolare, riformista e moderato, di governo e plurale. Pensare che il nuovo Pd/Pds assolva a quella funzione, oltrechè ingeneroso, sarebbe anche scorretto e profondamente nocivo.
Per il momento, però, dobbiamo essere francamente grati a Zingaretti. Finalmente ha fatto chiarezza nella politica italiana. Almeno nel campo della sinistra e del centro sinistra.