Grillo o Conte? Cantava Madama Butterfly: “Un bel dì vedremo”.

Grillo resta il “proprietario” del Movimento. Nel frattempo Conte si è costruito un suo seguito. L’ambizione lo ha portato ad emanciparsi dal suo talent scout. È il tempo dello scontro definitivo.

Siamo ormai alla “Grilliade”, la storia della lunga contrapposizione tra Grillo e Conte.

Il genio di Flaiano osservava come “in due si tace meglio”. È quanto non sta accadendo tra i due protagonisti alla guida del M5S che se le stanno mandando a dire senza risparmiarsi su come rilanciare una sfiatata esperienza politica. 

Il Beppe nazionale, affabulatore di mestiere, propone un ritorno alla origini senza derogare a principi identitari come quello del divieto di superare i due mandati elettorali dei loro rappresentanti nelle istituzioni.

L’altro, Giuseppi, “afflitto dal complesso di parità non si sentiva inferiore a nessuno”, immagina invece un processo costituente, una radicale rifondazione del movimento, che a parlar chiaro suona come sua liquidazione, per dar nascita, in ipotesi, ad un nuovo soggetto politico con nome, simbolo, statuto e regole diverse.

Tutto dovrebbe avvenire accogliendo in piena trasparenza le istanze che provengono da una non ben definita base di simpatizzanti o aderenti, tutti evidentemente periti di norme e regolamenti. Qualcuno, pensando con diffidenza, potrebbe avere in mente il perpetuarsi di una ipocrita finzione dove “uno vale uno” fino a quando poi non si devono prendere effettive decisioni. 

Specchietto per le allodole a parte, non sembra che Conte sia stato scelto dal popolo dei 5 Stelle, inizialmente non sapendo neanche chi fosse; stesso discorso per altre nomine nell’allora Governo guidato dal professor Giuseppi e per le altre cariche politiche negli altri gangli del potere.

Ciò che emerge, alla stregua di nuovi salvatori della patria, è che i 5 Stelle ambivano a cambiare in meglio il nostro paese. Dopo pochi anni le loro ambizioni si sono sbriciolate alla prova dei fatti. 

L’elenco sarebbe lungo, ciascuno sia pure con carature diverse: Di Pietro, Dini, Ingroia insieme ai mille altri creatori di un esercito di partiti personali  durati dal giorno alla notte o poco più e che per sopravvivere si rifondano ossessivamente.

Da ricostituirsi a fondere il passo è breve; siamo forse allo squaglio, alla liquefazione di una invenzione che, come concepita, non può reggere la pratica politica. Se l’è squagliata per tempo Gigino Di Maio che fiutata l’aria, ha cambiato campo mettendosi in proprio.

I 5 Stelle più che rifondare sono ora alla fronda, lontano dalla riva di un futuro in cui imbarcarsi, ancorati poco saldamente alla sopravvivenza, intimoriti che ormai la politica li abbia per sempre sfrondati dai suoi privilegi.

Sempre i critici di turno potrebbero chiedere chi rifonderà gli italiani per i danni di un populismo scellerato.

Conte, per giustificare l’iniziativa, ha detto che 300 persone, non si sa come sorteggiate, si occuperanno dunque di stilare un documento in vista di una assemblea vera e propria. La politica affidata, insomma, ad un tirare a dadi su chi possa imbroccare la soluzione migliore per una allarmante cura ricostituente. Il rimedio sembra peggiore del male.

Nella stesura dello scritto, speriamo che venga fuori qualcosa di meglio di quel patto prematrimoniale in cui Jennifer Lopez ed il marito attore si impegnavano a fare l’amore quattro volte alla settimana con le conseguenze che sappiamo.

Ancor più, Conte ha ammesso che in passato, a dispetto dei mille proclami sbandierati per dire della loro parodia di democrazia, le cose non sono andate affatto così perché a decidere è stato soltanto una ristrettissima élite di persone. 

Vi abbiamo fin oggi preso in giro, compresa la mia scelta a Capo di un passato Governo della Repubblica, dettagli insignificanti. Comunque sia, fate finta di nulla perché da oggi cambiamo pagina. Il rischio è che anche questa volta ci faranno veder le stelle.

Possibile che questa volta lo scenario non sia l’hotel Forum, che stavolta sa di bucatura, con un panorama che affaccia su vetusti reperti archeologici di un fasto passato e mai più tornato. 

Forse i due Giuseppi andranno in televisione a Forum per dirimere le loro controversie. Arriveranno tristemente alle carte bollate, proprio loro che spacciavano al mondo un Movimento leggero. 

Conte e la sua contesa vedremo che fine farà. Chissà se sopravviverà alle contestazioni del gruppo storico grillino che, più che frinire con il “cri cri” di allarme, prenderà simbolicamente un crick per minacciare l’avversario a causa di tradimento o per risollevare il Movimento dalla polvere in cui è caduto. 

Grillo resta il “proprietario” del Movimento. Già questo titolo, stando alla materia politica, dovrebbe di per sé suscitare allarme ma il popolo a queste inezie non presta attenzione. Per lo smanioso Conte si potrebbe invece richiamare un passaggio de Il Gattopardo: “Quanto a illusioni non credo ne abbia più di me ma se occorre è abbastanza furbo per crearsele”.

Si è costruito ormai un suo seguito. Forse, fregandosene, legge il pensiero che insolentemente gli appunterebbe Grillo a cui non è sfuggita la lezione della grande Hedy Lamarr, secondo cui non è difficile diventare una grande ammaliatrice. Basta restare immobili e sembrare stupidi.

L’ambizione lo ha portato ad emanciparsi dal suo talent scout che fin ora si è trattenuto per come il carattere gli ha reso possibile, ispirandosi alla regola di San Bernardo di Chiaravalle: vedere tutto, passare sopra a molte cose, alcune poche correggerle. Adesso sembra proprio non farcela più a trattenersi e si andrà probabilmente allo scontro definitivo.

All’Italia non resta che sperare nel motto per cui a quelli di cui Dio vuole sbarazzarsi, toglie per prima la ragione. Così sembra stia accadendo. “Un bel dì vedremo”, cantava Madama Butterfly.