Londra è tornata, ieri, al centro della scena geopolitica internazionale, ospitando il primo ciclo d’incontri del nuovo meccanismo negoziale sul commercio tra Stati Uniti e Cina, avviato in seguito agli accordi di Ginevra e rilanciato da un colloquio telefonico tra il presidente americano Donald Trump e il suo omologo cinese Xi Jinping.
I colloqui, che proseguiranno anche oggi, vedono la partecipazione di esponenti di massimo livello. Per la delegazione americana, sono presenti tre figure chiave dell’amministrazione Trump: Scott Bessent, segretario al Tesoro, Howard Lutnick, segretario al Commercio, e Jamieson Greer, rappresentante commerciale. Dalla parte cinese, guida la delegazione He Lifeng, vicepremier e stretto collaboratore di Xi Jinping per le questioni economiche.
Il negoziato non è solo una ripresa formale del dialogo: al centro c’è un dossier strategico che riguarda le terre rare, i controlli sull’export di tecnologie sensibili, e più in generale l’equilibrio di potere nella competizione globale tra le due superpotenze. Lo ha confermato, in un’intervista alla CNBC, Kevin Hassett, direttore del National Economic Council alla Casa Bianca, dichiarando che l’obiettivo immediato degli Stati Uniti è ottenere la revoca o l’allentamento dei vincoli all’export imposti da Washington: “Subito dopo la stretta di mano, ci aspettiamo che i controlli statunitensi vengano attenuati, che la Cina liberi grandi quantità di terre rare, e che si possa riprendere a trattare su dossier meno urgenti”.
Una svolta che, se confermata, segnerebbe una pausa nella guerra commerciale e tecnologica che da anni contrappone i due Paesi e che ha coinvolto non solo dazi e restrizioni, ma anche sanzioni unilaterali, blocchi su chip avanzati e pressioni sulle catene globali di fornitura.
A ribadire la posta in gioco è intervenuto anche Peter Navarro, consigliere per il commercio e la manifattura del presidente Trump, che venerdì scorso ha richiamato la centralità delle terre rare per la sicurezza industriale americana. Si tratta di elementi fondamentali per la produzione di microprocessori, batterie, radar e tecnologie militari: senza una distensione su questo fronte, il riavvicinamento tra Washington e Pechino rischia di essere solo apparente.
Il vertice londinese, dunque, non è un semplice esercizio diplomatico. È piuttosto un banco di prova della possibilità stessa di cooperazione tra le due potenze, in un’epoca segnata dalla corsa al controllo delle risorse, dalla frammentazione del commercio globale e dalla crescente politicizzazione delle tecnologie.