16.9 C
Roma
venerdì, Marzo 14, 2025
Home GiornaleHammamet, l’ombra di Craxi: cronaca di una parabola sospesa.

Hammamet, l’ombra di Craxi: cronaca di una parabola sospesa.

Un’analisi incisiva, quella di  Massimo Franco (Il fantasma di Hammamet, Solferino), che esamina la discesa del leader socialista dal caos di Tangentopoli alla fuga in Tunisia, svelando retroscena politici e internazionali.

Il libro di Massimo Franco su Bettino Craxi ha tanti pregi: saggiamente e finalmente, mette in ordine le tante cose che sappiamo del tratto in discesa della parabola di Bettino Craxi da Tangentopoli – e simbolicamente da Antonio Di Pietro -, fino alla fine, ossia dal 1992 al 2000: siano esse notizie e articoli, fatti storici, persino racconti personali o dichiarazioni verbali di questo o quello; per la stragrande maggioranza, si tratta di notizie apparse sulla stampa; di cui si propone un vasto regesto, dotato di specifico valore aggiunto. Fino ad ora, i libri su Craxi non hanno avuto il pregio dell’ordine espositivo e l’evidenza di uno sforzo di riflessione super partes.

L’autore è uno dei massimi giornalisti politici italiani, uno dei non moltissimi che a suo tempo sono andati sino ad Hammamet a intervistare l’Esule o Latitante (a seconda dei punti di vista); egli ha operato naturalmente un vaglio rigoroso su un materiale cronachistico in grado di risultare talora anche sfuggente o contraddittorio. Sembra che il suo libro in effetti ci voglia dire: malgrado sia trascorso un quarto di secolo dalla scomparsa del protagonista, non è ancora praticabile seriamente l’intento di formulare un giudizio storico compiuto su di lui, di storicizzare la figura di Bettino Craxi. Un ritardo o prorogatio per molti versi anomali. Certamente, il giudizio storico non si potrà costruire soltanto sui contenuti presentati nel libro. La materia di provenienza del materiale di rievocazione, si è detto,  è essenzialmente la cronaca politica degli anni della parabola craxiana.

Questa cronaca non può nemmeno iniziare a chiarire nessi e relazioni, anche causali, antecedenti e conseguenze sistemiche, coerenze e raffronti. Giunti al nostro tempo, qui si fa tuttavia un primo serio sforzo, di pone un punto post quem procedere. Si mettono a posto alcune cose. Ci si prepara alla storia. Si traccia un consuntivo di quello che può darci la cronaca, un apparato contro il quale non sarà possibile andare. Bene quindi i contenuti del libro. Ma c’è tanto altro da esplorare e da vagliare. Massimo Franco nel sottotitolo ci interroga: perché l’ombra di Bettino Craxi incombe ancora sull’Italia. Orbene, per incombere seriamente sugli italiani, si capisce che non bastano né annunci ed enunciati forniti in vita dal protagonista, né le cronache dei media, né il sentimento degli odiatori da un lato e dei seguaci dall’altro, né tantomeno gli atti giudiziari (in Italia sempre così alieni dai valori della storia ovvero dalla collocazione contestuale dei fatti, se non in senso funzionale all’accusa o alla difesa).

La risposta data nel libro sul perché dell’invocata incombenza, e la cosa appare calcolata e voluta, non è esauriente. Non si pone il problema di esserlo. Sono passati 25 anni dalla morte in terra straniera e 32 dall’abbandono dell’Italia. Gli odiatori e i seguaci sono ancora troppi. E non appaiono per nulla placati. Si potrebbe semplicemente dire che la figura incombe perché non ha ancora iniziato a trovare una convincente collocazione nella Storia. Esistono soggetti collettivi dalla memoria assai lunga in Italia che combatteranno ancora con ferocia per la damnatio memoriae di Craxi. Massimo Franco ha dimostrato di  essere davvero coraggioso.

Entrerà in una pacifica e condivisa Storia d’Italia, quella con la S maiuscola, la figura di Bettino Craxi? Quando? L’eventuale risposta affermativa degli storici non potrà evidentemente determinarsi sulla base del punto di partenza  – che il libro vuole ipotizzare – legato alla metafora di un fantasma, intangibile, inafferrabile, ma incombente. Si badi: anche di figure come quella di Giuseppe Mazzini mancanob cronache e ricostruzioni biografiche adeguate, specialmente degli ultimi dodici anni di vita e, per altro verso, delle degenerazioni cui le associazioni segrete da lui fondate sono andate soggette, dopo il fallimento dei vari complotti e sollevamenti rivoluzionari immaginati. In entrambi i casi manca una base conoscitiva ampia, estesa all’intero ciclo della vita: nel caso di Bettino Craxi, dalla fase in cui è stato segretario/assistente di Pietro Nenni, fino al Congresso tenuto al Midas Hotel sulla via Aurelia a Roma che gli fece guadagnare la segreteria del Psi (1976) e fino all’ascesa alla guida del governo nel 1983, dopo che la strada era stata aperta  nel 1981 da Giovanni Spadolini, primo presidente del consiglio della Repubblica non democristiano.

Si arriva così al notevole protagonismo estero e internazionale in più ambiti di grande rilievo: l’Internazionale Socialista, dove Craxi ha ben figurato accanto a giganti come Mitterrand, Palme, Bérégovoy, Soares, Gonzales, Brandt, Jenkins, Papandreu, Peres, negli anni Ottanta del secolo XX, figure dalla insigne personalità, protagonisti di un socialismo umanistico, innovativo e modernizzante, che nel loro insieme hanno fatto fare alla causa dell’integrazione europea passi avanti notevolissimi; in corrispondenza, il ruolo personale di grande spessore rivestito da Bettino Craxi in un’Internazionale Socialista vivificata da tutte quelle straordinarie individualità; poi il duplice ruolo di inviato speciale del segretario generale dell’ONU Perez de Cuellar nel 1989 per il problema del debito dei paesi poveri, assolto con successo sul piano delle soluzioni proposte, ma cui fu dato un seguito solo parziale.

Nell’ottobre 1990 Craxi vola a New York e presenta il suo rapporto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che lo approva all’unanimità e che trova parziale attuazione nella conferenza di Houston; dopodiché viene nominato consigliere speciale sia per i problemi dello sviluppo che del consolidamento della pace e della sicurezza (incarico rinnovatogli nel marzo 1992 dal nuovo segretario generale Boutros Boutros-Ghali); l’appoggio senza precedenti dato ad Arafat e alla causa palestinese, dato insieme con gli altri esponenti socialisti ricordati, per avere finalmente un interlocutore con cui fare la pace, inaugurando un percorso che porterà quasi dieci anni dopo agli accordi di Oslo; la politica di pace nel Medio Oriente, nel quadro della quale Arafat accetta irreversibilmente il diritto di Israele ad esistere come Stato; lo specifico aiuto prestato con successo alla Tunisia; la campagna internazionale contro lo stalinismo e le relative impostazioni, ancora ben vive nella strategia sovietica di competizione militare contro gli USA e l’Europa; sì dei socialisti europei – degli italiani per primi – all’installazione dei missili Pershing e Cruise contro gli SS20 che l’URSS ha schierato ai confini dell’Europa libera (è l’inizio del regresso militare dell’URSS); saggio su Proudhon, con cui rivendica la supremazia del socialismo sul comunismo e che ha avuto apprezzamento soprattutto all’estero; la politica di pace verso l’est, considerando che Craxi è il primo capo di governo occidentale a essere ricevuto dal nuovo Segretario Generale del partito comunista dell’URSS Gorbacev; la politica per l’Europa: Craxi, nominato presidente del Consiglio Europeo, nella riunione di Milano da lui presieduta (1985), predispone l’accordo in forza del quale al posto della comunità economica nasca la comunità politica dell’Europa; dopo la caduta del Muro di Berlino (1989), Craxi avvia la politica di unità a sinistra immaginando una formazione unica con gli ex comunisti favorendo in questa luce l’ingresso del PDS nell’Internazionale Socialista, politica che sul piano interno fallirà per il rifiuto del PDS (che invece cerca un nuovo compromesso storico con la DC); la firma dei Nuovi Patti Concordatari (1984) con il Vaticano.

Rilevante, nel quadro del farsi valere come Italia nel quadro delle relazioni internazionali, il caso dell’Achille Lauro e della mancata consegna dei terroristi sequestratori agli americani (incidente di Sigonella). Qui rifulge la collaborazione con l’altro colosso della politica estera italiana degli ultimi tre quarti di secolo, Giulio Andreotti. Nel 1986 Moody’s assegna all’Italia le tre AAA mai raggiunte dall’Italia né prima né dopo. Craxi riceve pure una laurea “honoris causa” dalla Columbia University. Insomma, Bettino Craxi appare un gigante della politica internazionale, animato da straordinaria determinazione, intuito e preparazione, capace di relazionarsi da pari a pari con i grandi del mondo, incisivo al massimo nella riuscita delle sue varie iniziative e nel fare fronte alle sue alte responsabilità. Poco a che fare con le sue performance politiche in sede nazionale. E allora? E allora ci aspettiamo in relativamente breve tempo un secondo libro di Massimo Franco sul Craxi europeo e internazionale. Facendo astrazione da Alcide De Gasperi, solo un altro politico italiano può vantare un curriculum di  positivo intervento nelle sedi internazionali a favore dell’Italia altrettanto incisivo, durevole, ricco, importante: Giulio Andreotti.

Del resto, la decisione di “ritirarsi” ad Hammamet a fare il fantasma non possiamo pensare che sia frutto di una semplice decisione di sottrarsi alla giustizia in Italia. Il peso della componente degli affari internazionali nella decisione di dare quella specifica attuazione al “piano di fuga” è stato sicuramente molto maggiore di quanto possiamo ricostruire oggi. Non si deve escludere che sulla Tunisia ci sia stata il semaforo verde di terzi assai potenti. Quando i politici nostrani, andando a trovarlo ad Hammamet, gli spiegavano che sarebbe stato meglio – più conveniente – affrontare l’inquisizione della magistratura in patria, Craxi argomentava sul bene della libertà e sul timore di venire assassinato. Altri generi di pressione avrebbero potuto essere decisivi sul trasferimento in Tunisia. Quelli che potrebbero averla esercitata non erano e non sono soggetti amici dell’Italia. Ciò che incombe ancora come uno spettro sul nostro paese sono allora, oltre il fantasma di Craxi, le forze che ne vollero la cancellazione con ignominia dalla storia italiana.