Un fenomeno inizia magari con delle rivendicazione sociali chiare e distinte e magari anche giustificate ma, poi, come si è visto ieri ma anche da qualche mese a questa parte, perde la sua matrice e guadagna una serie di aspetti del tutto inusitati che fanno dimenticare l’origine e aprono invece varchi particolarmente negativi per non dire delittuosi.
In questo odierno clima culturale, mancando assi portanti della organizzazione e del pensiero politico, è facile incontrare modalità di fiammante protesta con ripercussioni infernali: Parigi ieri sembrava essere un terreno devastato.
La stranezza è che Emmanuel Macron si era presentato qualche anno fa all’elettorato francese parlando di rivoluzione. Fino a quando si scrivono queste cose magari non mostrano la loro crudezza e il loro sapore acre ma, adesso, il presidente Francese, sotto i suoi occhi, vede attuarsi quello che qualche anno fa lui andava semplicemente illustrando verbalmente.
Non c’è alcun dubbio che questa è una mostruosità con mille teste, perché al suo interno si possono trovare diverse motivazioni, finalità tra loro le più distanti: dai facinorosi, ai delinquenti in piena regola, agli estremisti di destra e magari anche a persone che, violentate da una crisi inaspettata, cercherebbero attraverso la protesta, d’individuare una via di fuga.
La cosa più sconvolgente è che il nostro vice primo MinistroLuigi Di Maio affiancato da Alessandro Di Battista, non hanno incontrato ad ottobre, in quel caso sarebbe stato comprensibile, i responsabili di quelle manifestazioni, ma il sodalizio si è consumato in una ritualità parigina, un mese fa, quando tutto il mondo aveva capito quanto fossero pericolosi questi strateghi gialli del terrore del sabato in Francia.
Fortuna vuole i 5Stelle hanno poi raffreddato questo canale preferenziale anche in virtù del fatto che il Governo francese aveva richiamato l’Ambasciatore italiano.
È probabile che la cosa non si quieti nelle prossime settimane, tutto fa pensare che vi possa essere un crescendo fino alle elezioni europee. Non a caso, da quanto sappiamo, una fazione dei gilet gialli si sta organizzando per presentarsi al confronto elettorale di primavera.
La fortuna vuole che queste vicende siano, per ora, confinate in un sol Paese; infatti, non ci sono espressioni di tal genere in altri angoli di Europa. Eppure la Francia, nel panorama complessivo, non è tra le nazioni europee quella che se la passa peggio degli altri, anzi, a vedere i suoi fondamentali, si resta persino stupiti che là accadano questi disordini. Cosa mai potrebbe succedere invece nei Paesi a maggior rischio di povertà economica?
A ricordare, la causa era tutta riconducibile a un aumento delle tasse sui carburanti, poi è ciecamente serpeggiata, vinta da altre finalità. Ma da noi che il costo dei carburanti è ancor elevato o in Grecia dove le difficoltà sono marcatissime, senza citare i casi del Portogallo o dei Paesi dell’est, che pur crescendo, hanno un tenore di vita largamente più basso rispetto a quello francese se in costoro dovesse accendersi la miccia, magari condita con una idea anti europeistica, possiamo immaginarci che effetto devastante potrebbe avere per la tenuta sociale, politica ed economica nel nostro continente.
C’è quindi da augurarsi:
- che la Francia resti un esempio isolato;
- che dopo il 26 maggio prevalgano le forze politiche europeiste in grado di dare sicurezza a questo vecchio continente per accelerare processi di crescita e di unitarietà;
- che il nuovo Consiglio d’Europa e il nuovo Governo europeo sappiano fronteggiare al meglio il loro ruolo in uno scacchiere mondiale sempre più teso e complicato.
Solo a fronte di una modifica dello spirito complessivo che anima questo nostro vecchio continente, sarà possibile tacitare, concretamente, il fenomeno che ha dato avvio a questa mia breve riflessione.