I limiti del Fronte popolare, oggi come ieri.

Si tratta di un banale pallottoliere elettorale, o di un cartello elettorale che mette insieme tutto e il contrario di tutto pur di liquidare un nemico che, puntualmente, si rivela inesistente.

Anche il “Fronte popolare” può essere, anzi lo è, un progetto politico. Certo, si tratta di un progetto alquanto singolare ed anacronistico perchè non nasce quasi mai attorno ad un progetto politico di governo ma sempre e solo “contro” qualcuno o qualcosa. Ovvero, si individua un nemico giurato ed implacabile, lo si carica di ogni nefandezza e ci si scaglia contro con una violenza inaudita perchè, appunto, rappresenta un pericolo mortale per la democrazia, le istituzioni e il futuro e la prospettiva di un paese.

Ora, per non scomodare altre esperienze europee – mi riferisco, nello specifico, a ciò che è capitato di recente nella vicina Francia – fermiamoci alla storia del nostro paese. In sintesi, siamo alla vigilia del decollo del terzo “Fronte popolare”. Il primo, il più importante e anche il più significativo, è stato quello gestito e pianificato da Palmiro Togliatti, “il migliore” e dal Pci dell’epoca. Cioè le elezioni politiche del 18 aprile 1948. Obiettivo unico e dichiarato era la battaglia dura contro la Dc, contro il principale statista e leader politico del momento, Alcide De Gasperi, contro l’Occidente e il “potere” delle Chiesa cattolica. Sappiamo tutti com’è andata a finire e l’instaurazione di un regime comunista nel nostro paese svanì.

Il secondo “Fronte popolare” – anche se il termine usato fu “la gioiosa macchina da guerra – fu quello allestito dal PDS, cioè gli ex e i post comunisti, per le elezioni del 1994. Cambia fisicamente il nemico ma non cambia affatto la pericolo mortale del nemico. E nel 1948 come nel 1994 il rischio mortale è sempre lo stesso: e cioè, battere la potenziale “minaccia fascista” e tutto quello che ne consegue.

Passano altri 30 anni e siamo di nuovo lì. Altro “Fronte popolare”, altro nemico giurato da annientare e altra “minaccia fascista” e tutto quello che ne consegue all’orizzonte. Dunque, cambiano – come ovvio e scontato – i personaggi, i partiti, i contesti, le formule politiche – ma non

muta affatto il nemico. Ieri come oggi è sempre quello. Sempre lo stesso. È appena sufficiente, al riguardo, ascoltare gli interventi quotidiani dei leader delle tre sinistre contemporanee – quella radicale e massimalista della Schlein, quella fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e quella populista e demagogica dei 5 Stelle – per arrivare alla semplice conclusione che siamo sempre di fronte al solito rischio mortale per la conservazione della nostra democrazia.

E quindi, riprendendo il solito ritornello, parliamo sempre di “torsione autoritaria”, “deriva illiberale”, “negazione delle libertà democratiche”, “violazione dei valori e dei principi costituzionali”, “libertà di espressione a rischio” e, dulcis in fundo, “minaccia fascista”. Insomma, ieri come oggi, sempre lo stesso film, sempre la stessa minaccia e, soprattutto, sempre lo stesso cupo orizzonte.

Ecco perchè la deriva o il progetto del cosiddetto “Fronte popolare” non sono mai destinati a declinare una vera e propria cultura di governo. Perchè, di norma, si tratta di un banale pallottoliere elettorale, o di un cartello elettorale che mette insieme tutto e il contrario di tutto pur di liquidare un nemico che, puntualmente, si rivela inesistente. Certo, se avesse vinto il “Fronte popolare” di Togliatti e compagni nel 1948 il destino dell’Italia democratica sarebbe stato diverso.

Profondamente diverso. Ma questa è un’altra storia.

Morale della favola. È di tutta evidenza che chi vuole costruire una cultura di governo, chi vuole perseguire concretamente una cultura e una politica centrista e riformista e chi, in ultimo, lavora per un vero cambiamento e rinnovamento della politica non può sposare la logica, o la deriva, del “Fronte popolare” che era, e resta, un approccio funzionale alla sola radicalizzazione della lotta politica da un lato e alla sub cultura degli “opposti estremismi” dall’altro. Entrambi incompatibili con la cultura e la prassi democratica e costituzionale.