I POPOLARI E LA POLITICA: ADESSO IL SALTO DI QUALITÀ.

È il momento del salto di qualità e della "ricomposizione" dei popolari. dei cattolici sociali e di tutti coloro che si riconoscono nell'area centrista e riformista del nostro paese. II "preambolo" a cui fare riferimento è quello di uscire dall'isolamento per ritornare protagonisti.

Gli ultimi contributi di Giuseppe De Mita e di Beppe Fioroni su queste colonne hanno il merito di aver sottolineato, con coraggio e precisione, la necessità di non relegare la tradizione politica e culturale del popolarismo di ispirazione cristiana ad un ruolo gregario o, peggio ancora, puramente ornamentale. Senza inseguire disegni puramente testimoniali – politicamente irrilevanti ed elettoralmente inconsistenti – adesso si tratta di sciogliere il nodo politico per eccellenza, e cioè come lanciare il protagonismo di questo progetto politico – che giustamente, come sottolinea De Mita, è anche e soprattutto un “metodo” – nell’attuale cittadella politica italiana.

E questo dopo aver preso definitivamente atto che nel Pd questa presenza è ormai del tutto periferica, se non addirittura inesistente, e neanche più utile ai fini del progetto complessivo di quel partito, come la concreta esperienza ha persino platealmente confermato. E che, specularmente, in attesa che nel centro destra si ridefiniscano i nuovi equilibri e le nuove identità politiche e culturali, anche nel cosiddetto campo alternativo questa presenza continua ad essere alquanto problematica. Ma un fatto e indubbio: in questa precisa fase storica, e dopo l’esito del voto del 25 settembre, il ruolo e la funzione dei Popolari, dei cattolici sociali, del moderati di ispirazione cristiana richiedono a gran voce una nuova e diversa rappresentanza politica ed organizzativa.

Il nodo da sciogliere è proprio questo, vale a dire come ridare voce politica, presenza istituzionale, espressione culturale e struttura organizzativa ad un pezzo di società che, di fatto, ha archiviato la stagione dell’irrilevanza e della pura testimonianza a prescindere e al di là della stessa presenza ornamentale – e come ovvio di puro potere – all’interno di alcuni partiti. Ecco perché è giunto il momento di favorire e

rafforzare quel processo di “ricomposizione” di un mondo politico, culturale e sociale che non è riconducibile ad un partito specifico, ma che adesso sente forte e marcata la necessità di essere nuovamente presente nell’agone pubblico. E ciò laicamente, e senza erigere ridicoli e grotteschi steccati di nessun genere, ma con la sola volontà di ridare voce ad un’area politicamente orfana e senza alcuna rappresentanza.

Un’area che, è bene ripeterlo, guarda avanti senza alcuna regressione nostalgica, né sotto il profilo della replica di esperienze politiche del passato e né, tantomeno, per riproporre una antistorica “unità politica dei cattolici”. Ma, al contrario, si tratta di ricomporre un’area sociale e culturale molto più vasta di quella che continua a riconoscersi nel patrimonio storico del cattolicesimo popolare e sociale del nostro paese. Un’area che si potrebbe definire centrista, moderata, democratica e profondamente riformista che affonda, però, le sue radici ideali in valori e principi riconducibili a quel filone storico. Dopodiché, come si suol dire, avviato il percorso della “ricomposizione” politica e culturale ed organizzativa, si vedrà come è possibile stringere alleanze o presenze nel singoli partiti. Ben sapendo che l’unico “preambolo” a cui ancorare questa esperienza politica è quello di uscire dall’isolamento, dall’emarginazione e dal puro gregariato.

È tempo, cioè, di essere nuovamente protagonisti perché espressivi di mondi vitali presenti nel tessuto della società italiana e desiderosi di mettere in campo la propria specificità e la propria originalità politico e culturale.