Articolo pubblicato sulle pagine dell’Osservatore Romano a firma di Giuseppe Merola
In un mondo travolto dalla pandemia che da oltre un anno terrorizza l’umanità, mietendo vittime innocenti e segnando per sempre nella carne e nell’animo i sopravvissuti, che ci ha resi tutti incapaci di guardare oltre il buio del tempo presente, schiacciati dal senso di precarietà che ormai ognuno avverte su di sé, anche le parole sembrano aver perso di significato e di quella forza propulsiva che nel corso della storia hanno iniziato cambiamenti epocali. Eppure l’uomo, nonostante la crisi comunicativa, che già il filosofo Ferdinand Ebner identificava all’origine della crisi moderna ovverosia come “caduta della parola”, ha a disposizione da sempre e soltanto la forza delle parole se vuole cambiare se stesso e gli altri, e il corso della storia.
Consapevole di tutto questo, ovvero che ognuno di noi è chiamato a dare, giorno dopo giorno e relazione dopo relazione, senso compiuto a frammenti di vita, il vescovo Nunzio Galantino, professore emerito di Antropologia filosofica e dal 2018 a capo dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica ( APSA ), dopo essere stato segretario generale della Cei, da alcuni anni, su «Il Sole 24 Ore», propone settimanalmente a partire ogni volta da una parola diversa idee per prendersi cura del mondo. Queste parole chiave, ben centoventisette, rielaborate e ordinate, sono state raccolte nel libro, Nel cuore della vita. Idee per prendersi cura del mondo (Milano, Solferino, 2021, pagine 304, euro 17,50), con la prefazione di Andrea Riccardi e la postfazione di Luigi Ciotti.
Un «viaggio intorno all’uomo», spiega l’autore nell’introduzione, in sei tappe per «disegnare un itinerario di conoscenze e di riflessioni che può accompagnarci lungo strade incerte. Riportandoci nel cuore della vita e contribuendo a farci scoprire chi siamo, ma soprattutto chi potremmo essere e chi vogliamo ancora diventare».
Un viaggio che non può essere percorso in solitaria, ma con la cura e la vicinanza degli altri. Il primo nucleo tematico del libro chiarisce chi sono gli altri: è tutta l’umanità senza distinzioni di genere, razze, colori, provenienze e storie personali. La seconda tappa prosegue indagando l’essenza della persona e il suo mistero. Gli esseri umani si distinguono dagli animali per l’uso della parola come strumento di comunicazione. Pertanto il terzo nucleo tematico è la raccolta delle parole dedicate ai linguaggi e alle esperienze, intese come strumenti che raccontano chi siamo diventati e chi possiamo diventare. La tappa successiva è forse quella centrale dell’intera raccolta, perché ricorda che c’è persona solo dove c’è l’impegno a prendersi cura del mondo. Dove ci si impegna a «dare corpo ai sogni e mettere su gambe stabili la speranza». Da qui la descrizione delle caratteristiche necessarie per chi vuole scoprire la vera ricchezza che abita la persona e la rende fruttuosa per sé e per gli altri. Infine, la sesta tappa dedicata ai limiti con i quali ciascuno è chiamato a fare i conti. Per conoscerli, accettarli e, «quando è dato farlo», superarli. Perché se affrontati con scrupolo, ricorda Galantino, i propri limiti «possono essere fonte inesauribile e occasione di crescita».
Il presidente dell’ APSA , allo stesso modo del padrone di casa della parabola evangelica che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche, pagina dopo pagina distribuisce idee come perle preziose, mettendo in luce una straordinaria capacità a lavorare come artigiano sulla parola, perché sia onesta, perché non tradisca, perché corra, in qualche modo liberante, sulle labbra dei lettori. Dà insomma materiali per pensare e per discutere, convinto che «rendere migliore il mondo è rendere migliori se stessi».
Del resto la raccolta delle parole in nuclei tematici non ne impedisce anche una lettura secondo prospettive diverse. Un aiuto, spiega Galantino, «viene certamente dal frequente rimando alla loro etimologia, che ne svela significati spesso dimenticati o distorti dall’uso improprio». Recuperare il senso delle parole è, per il professore di filosofia divenuto vescovo, «anche un ritorno all’origine dell’essere umano e dell’importanza che ha per lui il sentirsi parte di un mondo fatto di relazioni».
Insomma, «Galantino ci conduce alla scoperta del cuore di parole — conclude don Ciotti nella postfazione — che pronunciamo perlopiù distrattamente, ignorandone il senso recondito e il legame con gesti fondativi dell’esperienza umana. E così ci fa conoscere il patrimonio di vita e storia che evochiamo nel pronunciarle, conoscenza che genera cura e responsabilità».