Il cancellino di Gualtieri

La cosiddetta “cancel culture” s’insinua tra le pieghe della narrazione dell’ex ministro dell’Economia. Forse non se ne avvede, ma commette comunque un errore. La storia del centrosinistra a Roma, in realtà, è più articolata del bignami presentato da Gualtieri. Nasce nei primi Anni sessanta, con Glauco Della Porta e Amerigo Petrucci, prosegue con buoni sindaci come Clelio Darida e Nicola Signorello. Perché dimenticarlo?

 

Enzo Carra

 

Curiosa campagna elettorale quella che si svolge a Roma: c’è uno, il candidato della destra Michetti, che ambisce a fare di Roma la nuova “caput mundi” e ce n’è un altro, il candidato del centrosinistra, Roberto Gualtieri, che il passato preferisce ignorarlo. Non è dato sapere se Michetti pensi a qualche forma di cesarismo, che pure certo andrebbe a genio a parte del suo elettorato. Quello che è sicuro, invece, è che Gualtieri, il quale pure è uno storico, utilizza sommariamente la “cancel culture”. Il suo problema non è la damnatio memoriae di certi imperatori, lui non vuole dimenticare Nerone, a lui basta depennare il trentennio democristiano in Campidoglio che è pur sempre nel Dna di tanti elettori e dirigenti del suo partito.

 

Intervistato da Repubblica, Gualtieri è orgoglioso di poter affermare che “il centrosinistra ha espresso i più grandi sindaci di Roma” e li cita. Da Argan a Petroselli, da Rutelli a Veltroni. Gualtieri dimentica Ugo Vetere e inserisce arditamente Ernesto Nathan, ma ottiene questo risultato utilizzando la “cancel culture” e, grazie a questo strumento, può addirittura riconoscere che “anche l’esperienza di Marino ha prodotto risultati importanti.” Dei quali né lui né i suoi compagni di corrente si resero conto allora, essendo i principali protagonisti della cacciata a mezzo notaio di quel sindaco. Sempre grazie alla “cancel culture” Gualtieri può omettere il seguito della gita dal notaio, detonatore dell’esplosione grillina nella Capitale con conseguente elezione di Virginia Raggi.

 

La storia del centrosinistra a Roma è più articolata del bignami presentato da Gualtieri. Nasce nei primi Anni sessanta, con Glauco Della Porta e Amerigo Petrucci, prosegue con buoni sindaci come Clelio Darida e Nicola Signorello. È pur vero che quel centrosinistra non comprendeva i comunisti, ma perché cancellarli? Quella storia non si è mai davvero fatta, o meglio è stata scritta dai vinti e non dai vincitori di allora. Ed è una storia dalla quale sgocciolano notizie di crimini ed errori, ma anche di grandi successi. In quei lunghi anni c’è stato il “sacco di Roma”, ma ci sono state anche le Olimpiadi del 1960 con quello che hanno significato per il riordino urbano. C’è stata la banda della Magliana, che non era una corrente democristiana, ma anche la ricostruzione della città sulle macerie della guerra. Si sono visti in Campidoglio democristiani grossier e comunisti dotati di esprit de finesse, ma tutto questo che vuol dire? Certo non basta a giustificarne la rozza cancellazione.

 

Questa parte allo storico Gualtieri non interessa. Eppure sa che da quegli anni e da quella gente viene anche la passione e l’onesta politica di tanti elettori e di tante donne e uomini che combattono con lui la stessa battaglia. Per riportare Roma tra le grandi capitali del mondo.