Il Cavaliere le donne e l’arme.

Con Berlusconi finisce un’epoca e un costume. Anche le donne si sono divise, da una parte le estimatrici, dall’altra le detrattrici. Molte però sono rimaste indifferenti, magari dopo aver dato credito e fiducia.

Berlusconi è morto. Con lui se ne va l’immagine di un costume morale, culturale e sociale che ci ha contraddistinto per quattro decenni. In questa dimensione agiva anche il modo di pensare alla donna, un modo che univa il “cerimonioso” di fine anni ’50, la sua epoca di gioventù, al satiro gaudente degli anni ’80.

Questa visione sociale e morale, che abbiamo definito nel tempo disinibita, era destinata a finire inesorabilmente come tutti i costumi sociali che caratterizzano un’epoca, non lasciando un patrimonio culturale da trasmettere alle nuove generazioni. Prima che Forza Italia iniziasse il suo declino, si diceva che la macchina elettorale impegnata a tenere in vita il partito-persona fosse appannaggio delle donne sue coetanee –  e di quelle poco più grandi abituate a quella “gentilezza affettata” dell’uomo con i soldi e le maniere simil cortesi. Simil cortesi perché di fatto di bon ton ed educazione Berlusconi aveva lasciato molto a desiderare nel tempo.

E poi vi erano tutte le altre donne, come mia madre che di anni ne ha 94, che di quei modi e di quel “trattare le donne” avevano serbato un odio viscerale, quasi un moto repentino di fastidio profondo che faceva cambiare il canale TV alla prima apparizione, accompagnando il gesto con commenti non lusinghieri, anche nei confronti delle donne che lo accompagnavano (la solidarietà femminile è un percorso ancora oggi accidentato).

Cosi avremo signore e signorine che giustamente ne piangeranno la scomparsa poiché egli aveva la capacità naturale, attraverso il sottile gigioneggiare, di far sentire le persone un unicum a dispetto di qualsiasi realtà avversa. Adulazione, viene detta, ed è ciò che alimenta l’io egoistico presente in ciascuno di noi, fino a confondere l’immaginazione con la realtà, trasformandoci in narcisi (ovvero in cigni quando siamo sgraziati anatroccoli). E in tutti i settori toccati dal berlusconismo questo si è poi verificato, e cioè un ribaltamento delle aspettative: basti pensare a quell’Italia sognata nel 1994 e mai più realizzata (per ingratitudine di molti, dirà Berlusconi).

Ma Berlusconi non ha avuto soltanto estimatrici e  detrattrici, ognuna delle quali con i propri stendardi, ma anche donne che potremmo definire indifferenti, via via più numerose con la crescita dell’astensionismo; donne che non necessariamente si sono voltate dall’altra parte, bensì, più semplicemente, hanno disertato la competizione non per ignavia, ma appunto per indifferenza, trovando il costume sociale e morale del berlusconismo privo di valori per esse riconoscibili, e pertanto di scarso interesse.

A costoro appartengo anche io che per comprendere cosa fosse il fenomeno Berlusconi decisi, come molte invero, di vedere da vicino il governo del 1994, dopo aver visto da vicino il governo Craxi. Ne trovai similitudini e distanze abissali, ma direi in generale che i berluscones mancavano di bon ton, come direbbe Lina Sotis. ma anche di scarsa cura per gli interessi collettivi del Paese (sensibilità istituzionale) quando non coincidenti con gli interessi propri. 

Quella lunga crepa della visione della donna da angelo del focolare a oggetto del desiderio privo di personalità (vuoto simulacro di cui vedi solo il corpo) inizia in quegli anni. Sono trascorsi i decenni, il sogno dell’Italia Felix – Paese prospero e dinamico – si è infranto inesorabilmente contro le austerità europee e gli effetti collaterali della globalizzazione. Le donne sono diventate il ”soggetto fragile” della società, compresse tra la violenza di un fenomeno feroce come quello del femminicidio e l’apartheid, in ultima istanza,  della differenza di genere.