Il Centro deve risorgere come forza autonoma

Il Centro e la politica di centro, sempre più richiesti e gettonati, possono avere un ruolo solo se non si riducono ad essere pregiudizialmente ad organicamente dei semplici e banali “partiti contadini”.

Dopo il voto europeo e, soprattutto, dopo l’esito elettorale francese ed inglese, è del tutto evidente che il Centro e la ‘politica di centro’ non possono più venire rimossi quasi per legge dallo scacchiere politico. E questo per svariate motivazioni ma ce n’è una che svetta rispetto a tutte le altre. Ovvero, qualsiasi sistema politico ed elettorale non può reggere a lungo una violenta ed eccessiva radicalizzazione della lotta politica. Una radicalizzazione che, com’è altrettanto evidente, è destinata a sfociare ben presto in una inesorabile ed irreversibile deriva degli “opposti estremismi”. Come avviene puntualmente in tutti i paesi in cui si rinnega per ragioni pregiudiziali e dogmatiche la presenza del Centro. Dopodiché, ci si accorge che si può governare solo ed esclusivamente “dal Centro” e “al Centro”. Una prassi che è presente storicamente in Italia e in molti altri paesi europei ma che ormai si sta estendendo progressivamente in quasi tutto il vecchio continente.

Per questa semplice motivazione, prima o poi, il Centro è destinato a ritornare. La modalità organizzativa, invece, è legata alle dinamiche concrete del contesto politico nei vari paesi. Ma un dato è sufficientemente certo. E cioè, non possono essere i partiti caratterizzati da una ricetta politica massimalista, radicale, fondamentalista e, men che meno, populista a farsi carico di questa cultura, di questa sensibilità, di questa prassi e di questo metodo. Per forza di cose devono essere partiti e movimenti che incarnano realmente e seriamente la cultura politica di centro ad avanzare un progetto politico riconducibile a quella tradizione e a quel pensiero.

Ovviamente all’interno di una coalizione e di una alleanza di governo. Ed è proprio all’interno di questo contesto che si inserisce una considerazione di fondo per non dire dirimente. Detto con parole semplici, una coalizione è credibile se al suo interno è presente una forza centrista capace di giocare un ruolo politico decisivo e determinante ai fini della stessa azione di governo. Per assolvere a questo ruolo, però, il partito/soggetto politico di centro non può essere paragonato ai “partiti contadini” di comunista memoria. Cioè a partiti che vengono creati a tavolino dall’azionista di maggioranza della coalizione e che, di conseguenza, non hanno alcuna dignità politica e rappresentatività sociale se non quella di occupare un ruolo per confermare la natura plurale della coalizione stessa.

Ecco purché il Centro e la ‘politica di centro’, sempre più richiesti e gettonati, possono e devono avere un ruolo solo se non si riducono ad essere pregiudizialmente ad organicamente dei semplici e banali “partiti contadini” o, nella migliore delle ipotesi, insignificanti cartelli elettorali per

riequilibrare fintamente l’alleanza. Il Centro ha un senso, e un ruolo, se è in grado di declinare un progetto politico e di governo da confrontare, come ovvio e scontato, con altri partiti e movimenti politici. Questa, oggi, è la vera scommessa politica di chi si dichiara centrista, riformista e con una spiccata cultura di governo. L’esatto opposto, quindi, di chi si aggrega supinamente agli azionisti di maggioranza in cambio di una piccola manciata di seggi parlamentari o di chi, invece, non è in grado di differenziarsi da chi coltiva disegni politici incompatibili con la ‘politica di centro’.