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domenica, 19 Ottobre, 2025
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Il Centro non è la sommatoria delle liste civiche

Le esperienze locali non si trasferiscono meccanicamente sul piano nazionale. La politica dei territori ha logiche e leadership diverse: sommare il civismo non basta a costruire un progetto di Centro.

Da che mondo è mondo, come si suol dire, in politica difficilmente si possono sommare le pere con le mele. Fuor di metafora, le elezioni locali – comunali o regionali che siano, non fa differenza alcuna – non possono mai essere confuse con le elezioni politiche nazionali.

E questo per una ragione persin troppo semplice da spiegare. Il voto nazionale, infatti, prescinde radicalmente dalle dinamiche locali e gli stessi protagonisti e leader sono diversi. Molto diversi. Una regola talmente ovvia e scontata che, quasi puntualmente, chi vince le elezioni locali poi, di norma, anche se non sempre, perde quelle nazionali. Per le semplici ragioni che ho poc’anzi ricordato.

Il civismo non è una formula politica nazionale

Ma c’è un’altra regola, altrettanto scontata perché ha trovato ripetutamente conferma, che porta a non confondere mai le liste civiche locali con il concreto orientamento di voto di quegli elettori sul versante nazionale. Del resto, chi si riconosce in una lista civica locale, di norma, somma esperienze e candidature trasversali riconducibili a un programma definito e a un preciso candidato.

Esperienza che, come capita puntualmente, non si ripete nella consultazione nazionale perché vengono a mancare quegli elementi decisivi che hanno caratterizzato, appunto, quel voto locale.

L’illusione di un Centro costruito per addizione

Ora, e partendo proprio dalle ultime elezioni regionali – quella più contesa nelle Marche e quella del tutto scontata in Toscana – c’è una ulteriore illusione che campeggia. E che riguarda la coalizione di sinistra e progressista. E cioè, com’è capitato in Toscana, sommare in un ipotetico e del tutto virtuale Centro a livello nazionale i voti ottenuti dalla lista del Presidente Giani.

Lista legata esclusivamente al profilo politico, civico e amministrativo del Presidente, con l’apporto di partiti, movimenti, gruppi e associazioni che si riconoscono, appunto, nella sua persona e nel suo programma. Sommare tutto ciò e trasferirlo meccanicamente in un partito che ufficialmente non è ancora neanche nato – come ha fatto il capo del partito personale di Italia Viva, Renzi, sostenendo che il peso di “Casa riformista” e quindi del Centro nella coalizione di sinistra e progressista a livello nazionale è pari ai voti ottenuti dalla lista del Presidente della Regione Toscana – più che un ragionamento politico è un esercizio folkloristico. Come, del resto, ha sostenuto in un’intervista a un quotidiano nazionale lo stesso Presidente Giani.

Non confondere i piani

Per queste ragioni, semplici ma oggettive, è sempre consigliabile – soprattutto quando si parla di elezioni locali e di consultazioni nazionali – non confondere i piani. E, meno che mai, pensare che il consenso a un partito nazionale possa decollare sommando semplicemente tutto il civismo.

E questo perché il civismo appartiene rigorosamente e storicamente nel nostro Paese alle esperienze locali, mentre le dinamiche nazionali, com’è altrettanto ovvio, sono riconducibili ad altri criteri e, soprattutto, rispondono ad altre priorità politiche e programmatiche. Come, del resto, capita da sempre.