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sabato, 6 Dicembre, 2025
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Il Centro non è mai violento

Sinistra e destra, una storia di conti con la violenza

C’è un aspetto nella politica italiana che di norma non si dice mai perché è ritenuto un fatto scontato ma che, forse, merita di essere ricordato e richiamato nel bieco conformismo che caratterizza il quasi pensiero unico dell’informazione nel nostro Paese. E la riflessione, al riguardo, è alquanto semplice ed essenziale. E cioè, se nell’universo della sinistra italiana la violenza e lo scontro violento sono storicamente elementi costitutivi con cui i rispettivi partiti debbono fare i conti — l’ultimo, in ordine di tempo, è l’atto squadristico ai danni della Stampa di Torino guidato da settori dell’estrema sinistra di un “centro sociale” torinese — nel campo della destra, periodicamente, l’informazione di sinistra non perde l’occasione per evidenziare le radici violente, antidemocratiche e vagamente nostalgiche di alcuni settori della sua base militante.

Radici che non si possono negare

Certo, si tratta sempre di settori legati o all’estrema sinistra o all’estrema destra. Ma, comunque sia, quelle radici che generano una precisa deriva violenta sono ben presenti nei rispettivi campi. Radici culturali, lo ripeto, con cui gli stessi capi politici dei due fronti contrapposti devono periodicamente farci i conti. Da tempo e con maggior frequenza sul versante della sinistra perché, nel frattempo, sono cresciuti i gruppi, i movimenti e le sigle dell’estrema sinistra che rappresentano anche un segmento elettorale significativo dello schieramento guidato dalle sinistre unite. Basti pensare all’esperienza dei “centri sociali” che sono riconducibili quasi esclusivamente al partito del trio Fratoianni/Bonelli/Salis.

Lunica area estranea alla deriva estremista

Alla luce di questa concreta considerazione, credo sia utile fare una valutazione che, ripeto, non trova quasi mai spazio nelle riflessioni dei vari soloni e nei professionisti dell’informazione nostrana. Soprattutto in quella televisiva. E la riflessione è semplicemente questa. C’è un campo politico nel nostro Paese che è storicamente, politicamente, culturalmente, socialmente ed eticamente estraneo a qualsiasi deriva violenta, massimalista, radicale, estremista ed ideologica.

Questo campo politico si chiama il Centro. Cioè si tratta di un’area politica, culturale, valoriale e programmatica che è strutturalmente estranea, esterna ed alternativa a quei comportamenti e a quegli atteggiamenti.

Una verità semplice, ma che non si dice mai

Non si tratta di fare ulteriori riflessioni nel merito. Certo, e come ovvio e scontato, non tutta la destra e non tutta la sinistra sono riconducibili alla violenza politica. Ma un fatto è indubbio ed oggettivo. La violenza politica ha una precisa origine storica, culturale e politica dove trova spazio ed agibilità, seppur mutatis mutandis, in campi altrettanto precisi e definiti. Il Centro, dunque, ne è scientificamente e strutturalmente alternativo.

Ecco perché, e non solo per questo elemento come ovvio, il Centro, la politica di centro, il progetto di governo di un Centro riformista e democratico sono importanti nonché essenziali per la qualità della nostra democrazia, per la credibilità delle nostre istituzioni democratiche e, soprattutto, per l’efficacia e la stessa credibilità dell’azione di governo.

Perché, a volte, una semplice verità va pur detta. Anche quando non piace ai cultori del “politicamente corretto”.