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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Il Centro non nasce con i partiti personali

Dopo il voto europeo potrà decollare una iniziativa politica che sia anche in grado di rilanciare la qualità della democrazia, il prestigio della politica e, forse, la stessa credibilità delle istituzioni democratiche.

Quando si parla oggi di Centro e di ‘politica di centro’ c’è una sola certezza, seppur all’interno di molte difficoltà e contraddizioni. E cioè, lo spazio politico di Centro non è compatibile né con i partiti personali e né, soprattutto, con la sola personalizzazione della politica. E questo per la semplice ragione che il Centro storicamente è un luogo autenticamente democratico, plurale, riformista e di governo. 

Nulla a che vedere, quindi, con partiti e movimenti che si basano esclusivamente sulle fortune e sulla simpatia del leader/capo. Perché un luogo politico che si caratterizza per il pluralismo culturale ed ideale non può essere rappresentato o sequestrato da un capo. Sarebbe la semplice negazione di ogni ‘politica di centro’ la quale, al contrario, si basa sull’apporto decisivo delle culture politiche, dei cosiddetti mondi vitali, dell’associazionismo sociale e del variegato e composito complesso della società civile. Lo confermano i veri partiti centristi che hanno scandito la storia democratica del nostro paese. A prescindere dallo stesso consenso elettorale. Lo dicono la storia e l’esperienza della Democrazia Cristiana. Ma anche quella del Ppi, della Margherita, del Ccd, dell’Udc e, forse, del nuovo corso politico ed organizzativo di Forza Italia. E questo perché il

Centro è sinonimo di costruzione politica, è confronto permanente sui contenuti e, in ultima analisi, è fatto di leadership plurali. 

Al riguardo, sono proprio il modello organizzativo della Dc nella prima repubblica e quello della Margherita nella cosiddetta seconda repubblica a spiegare al meglio e in modo plastico come si declina concretamente e politicamente il Centro. Perché

certamente si qualifica sul terreno della politica e dei contenuti programmatici ma è indubbio che anche il modello organizzativo è decisivo. Certo, tutti sappiamo che la personalizzazione è diventata quasi un dogma della politica contemporanea. Ovvero il valore e il ruolo decisivo del capo. Ma è anche evidente che nei luoghi dove la politica vuole ritornare protagonista lo strumento organizzativo non può essere un luogo alle dipendenze di un capo che si attornia del suo “cerchio magico” e tollera e considera il resto della compagnia come una curva sud dove l’unico compito è quello di applaudire il “capitano” di turno e null’altro. Come puntualmente sta capitando nei partiti personali, seppur con versioni e modalità organizzative diverse ma, comunque sia, accomunati dalla totale dipendenza del ‘verbo’ del capo.

Ecco perché il rilancio politico, culturale, programmatico ed organizzativo del Centro e di una ‘politica di centro’ non possono passare attraverso i partiti personali o del capo. E dopo il voto europeo, e il concreto responso delle urne, potrà decollare una iniziativa politica che sia anche in grado di rilanciare la qualità della democrazia, il prestigio della politica e, forse, la stessa credibilità delle istituzioni democratiche. Una stagione politica che non potrà vedere assenti, ne come ovvio ed evidente, i cattolici popolari e sociali dopo l’inconsistenza e la latitanza che purtroppo li hanno caratterizzati in quest’ultima stagione della vita pubblica del nostro paese.