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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Il Centro richiede senso della dignità. Lo si trova nel camaleontismo renziano?

Adesso l’ex premier si dispone all’alleanza con Schlein, Conte e Fratoianni. Ebbene, anche il tatticismo più esasperato e la spregiudicatezza più plateale devono, prima o poi, fare i conti con la realtà politica.

Matteo Renzi è uno dei politici più intelligenti del nostro paese. Almeno questa è la mia personale opinione. Nella prima repubblica e nella Democrazia Cristiana sarebbe stato definito semplicemente come un “cavallo di razza”. E diciamocelo senza alcuna piaggeria: Renzi è veramente un “cavallo razza”. Però, esiste purtroppo un però. Ed è molto semplice da spiegare.

Se è indubbiamente un leader politico per la sua capacità di intuizione e la rapidità di movimento, paga il suo indubbio e riconosciuto carisma con un tatticismo sfrenato e una spregiudicatezza senza limiti.

Ora, per fermarsi all’ultima piroetta politica, abbiamo appreso che intende collocare il suo partito – che adesso definisce di Centro – in un’alleanza con la sinistra massimalista e radicale della Schlein, la sinistra populista e demagogica dei 5 Stelle e la sinistra fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis. Perché, sostiene il capo di Italia Viva, adesso va di moda un “Centro che marcia verso sinistra” di degasperiana memoria.

Intendiamoci. Ogni progetto politico va considerato per quello che è. Però non si può non rilevare che nell’arco di un anno il Nostro si è fatto paladino di un “Centro autonomo” alternativo alla sinistra populista ed estremista e alla destra sovranista e conservatrice; poi siamo passati ad un Centro alleato con i radicali per il progetto – immediatamente naufragato come il precedente – degli “Stati Uniti d’Europa” per approdare, è notizia di queste ultime ore, ad un “Centro che marcia a sinistra”.

In questo rapido, svelto e continuo cambiamento di prospettiva, risiede l’indubbia intuizione del leader politico fiorentino e il suo altrettanto oggettivo limite. Limite di credibilità innanzitutto.

Perché anche il tatticismo più esasperato e la spregiudicatezza più plateale devono, prima o poi, fare i conti con la realtà politica. Una realtà che dice una cosa sola, almeno a mio parere. E cioè, anche il Centro, e con il Centro una seria e credibile “politica di centro”, non possono essere stiracchiati e strumentalizzati in questo modo. Perché, altrimenti, il vero rischio che si corre è quello di presentare il Centro – che resta, tuttavia, il luogo politico fondamentale ed indispensabile per il governo del nostro paese – come un espediente puramente strumentale e tattico. Cioè una sorta di elastico che si può tirare da tutte le parti a seconda delle convenienze momentanee di chi si intesta questo spazio politico. Che, detto fra di noi, è l’esatto contrario di quello che storicamente, politicamente e culturalmente è stato il Centro nel nostro paese.

Per questi semplici motivi, e al di là dell’ultima scelta – legittima e anche umanamente comprensibile – intrapresa dal leader di Italia Viva, una cosa va detta con chiarezza. E cioè, chi crede nella bontà e nella necessità di una ‘politica di centro’ nel nostro paese, e di fronte alla deriva degli ‘opposti estremismi’ che, purtroppo, continua a caratterizzare larghi settori dei due schieramenti politici, non può che impegnarsi per rafforzare un partito che dichiara esplicitamente e senza continue, ripetute ed improvvise capriole, di credere nel Centro perché elemento equilibratore del nostro sistema politico. Confondere la costruzione del Centro con operazioni politiche dettate dal puro tatticismo personale e di partito, oltre ad affossare un patrimonio politico e culturale che nel nostro paese è stato decisivo per svariati decenni, e lo è tuttora seppur in forme e modalità diverse, rischia anche – e paradossalmente – di rafforzare indirettamente quella radicalizzazione del conflitto politico che era, e resta, alla base del decadimento etico della stessa politica italiana.

Ecco perché anche le operazioni più spregiudicate, seppur intelligenti, a volte rischiano di presentarsi per quelle che sono. E cioè, piccole e circoscritte operazioni di potere. Anche quando vengono intraprese da esponenti politici che hanno una intelligenza politica non comune come quella di Matteo Renzi.