Il centro riformista deve corrispondere a una nuova speranza per l’Italia

Il ruolo di Renzi, anche per la sua cultura e per la sua provenienza formativa, può rappresentare un “valore aggiunto” per l’intero progetto.

Dunque, ormai è un ‘sentiment’ comune. Il centro, o meglio un luogo politico centrista, riformista, democratico e di governo è sempre più gettonato. E questo perchè l’attuale radicalizzazione tra la sinistra massimalista e radicale della Schlein e la destra di Salvini e di alcuni settori di Fratelli d’Italia non possono essere la risposta più idonea per confermare e consolidare un sistema democratico. È noto quasi a tutti che l’area popolare e cattolico democratica, almeno quella che non si è rassegnata a giocare un ruolo marginale e ancillare all’interno della sinistra di Schlein, scommette molto in questo progetto. E il processo di ricomposizione politico, culturale ed organizzativo avviato da “Tempi Nuovi-Popolari uniti” coordinata dall’amico Beppe Fioroni e con la presenza attiva e militante di molti amici presenti in tutta Italia, è uno dei tasselli più qualificanti che contribuisce a costruire questo nuovo soggetto politico.

Ora, un luogo politico di centro, dinamico, riformista e democratico non può che essere plurale al suo interno. E per plurale intendo che saranno più correnti culturali ed ideali a riconoscersi in questo progetto politico. L’esatto contrario, quindi, della banale e semplice riedizione del Pri o del Pli o del Partito d’Azione a cui, almeno così pare, intende rifarsi Calenda nella sua altalenante ed approssimativa prospettiva politica. No, un Centro riformista e di governo non potrà che essere popolare e fortemente plurale nella sua accezione più organica. Un soggetto, cioè, che sia in grado di giocare un ruolo decisivo e dinamico nella cittadella politica italiana senza subalternità nei confronti di nessuno e che, soprattutto, riesca ad essere determinante nella costruzione degli stessi equilibri politici.

Ed è proprio lungo questo percorso che si inserisce l’iniziativa politica e il movimentismo dinamico messo in campo da Matteo Renzi. E Renzi, come ovvio, può piacere o non piacere. Regola che vale, del resto, per tutti i leader politici. Parlo di leader, però, e non di improvvisatori o aspiranti capi o semplici comparse. Perché i leader, di norma, sono quelli che fiutano ciò che capita nella società e poi, però, hanno anche la capacità politica e culturale di saperne guidare i processi. L’esatto contrario dei capi e degli improvvisatori populisti che si limitano, com’è evidente a tutti, a cavalcare e a strumentalizzare tutto ciò che la “pancia” del paese chiede e impone. Quelli, non a caso, non sono leader politici ma, per dirla con Totò, semplici “quaquaraquà”.

Ecco purché, al riguardo, il ruolo che può giocare Matteo Renzi, con altri leader politici, come ovvio, può ancora una volta essere decisivo nel costruire un luogo politico che sia in grado di mettere in discussione un anacronistico bipolarismo sempre più rissoso e conflittuale da un lato e, dall’altro, costruire un progetto di governo che risponda a criteri riformisti e con una spiccata cultura di governo. È persin ovvio ricordare che in questo processo che possiamo tranquillamente definire “costituente”, il ruolo della tradizione e della cultura cattolico popolare, cattolico sociale e cattolico democratica sarà decisivo nel definire il profilo di questa nuova e suggestiva offerta politica, culturale e programmatica. E proprio il ruolo di Renzi, anche per la sua cultura e per la sua provenienza formativa, può rappresentare un “valore aggiunto” per l’intero progetto. Non in un cammino solitario ma condividendo e costruendo insieme ciò che ormai da troppo tempo è colpevolmente assente dall’orizzonte politico italiano.