Che il trasformismo sia la nuova cifra della politica italiana è un dato sufficientemente noto per essere ulteriormente approfondito. È appena il caso di sfogliare le migliaia di dichiarazioni di moltissimi esponenti politici che negavano, in modo inflessibile ed intransigente, le alleanze con alcuni partiti – ora e sempre “mai e poi ancora mai” – e poi puntualmente fatte e consacrate per rendersene conto. Ma lasciamo perdere. Cosa fatta capo ha, come si suol dire. 

Semmai, e recuperando una recente riflessione dell’amico Lucio D’Ubaldo su queste colonne, si tratta adesso di capire se un futuro e ringalluzzito nuovo “centro” debba, anch’esso, essere vittima di questa deriva ormai di moda nella cittadella politica italiana. Perchè, in sintesi, se una virtuale “politica di centro”, o “cultura di centro” che sia, coltiva quell’obiettivo credo che le ragioni di un suo potenziale decollo politico ed elettorale siano quasi pari a zero. Del resto, abbiamo già degli esempi concreti al riguardo, anche se non vengono definiti tali. Il piccolo partito personale di Renzi che pratica un “distanziamento” tattico e di puro potere da tutti gli altri partiti, di maggioranza o di opposizione che sia non fa alcuna differenza, rientra perfettamente nell’’orbita di un centro cosiddetto trasformista dove l’unico ed esclusivo obiettivo resta quello di sopravvivere al potere coltivando rapporti ora con gli uni e ora con gli altri ma sempre e solo guardando al proprio “particulare”. Cioè al potere e agli incarichi che di volta in volta può ottenere. 

Ecco, ho voluto fare questo esempio concreto per porre una domanda, che poi è la vera domanda politica, almeno a mio giudizio, quando si parla ancora di una “politica di centro” nel nostro paese. E cioè, una forza di centro nel nostro paese interpreta le alleanze solo in chiave trasformistica – come, ad esempio, il partitino di Renzi – oppure individua nella cultura delle alleanze la chiave per costruire una prospettiva politica ed anche, e soprattutto, un progetto politico di governo? Dalla risposta a questa banale domanda noi riusciremo a capire se il centro è una variabile indipendente nello scacchiere del potere oppure se partecipa con una sua identità politica e culturale alla costruzione, appunto, di un progetto politico. Sotto questo versante, non si tratta di riunificare tutti i cultori del “centro” sotto una unica sigla o nel medesimo cartello elettorale. Molto più semplicemente, si tratta di essere fedeli, o meno, a quel patrimonio di idee, di comportamenti, e di cultura politica e di governo che i nostri predecessori ci hanno trasmesso attraverso il magistero politico di svariati lustri di impegno pubblico nella Democrazia Cristiana prima e poi in altri partiti di provenienza o di ispirazione democratico cristiana. 

Perchè, alla fine, ne va della credibilità del “centro”, ma soprattutto della valenza di una politica riformista e temperata nel nostro paese. E noi cattolici democratici e popolari siamo i primi ad essere interpellati su questo tema e, soprattutto, a dover sciogliere questo nodo.