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mercoledì, 6 Agosto, 2025
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Il centrosinistra in Veneto e la voce (silenziosa) dei cattolici democratici

In una terra di forte identità culturale e religiosa, la tradizione cattolico democratica sembra smarrita. Eppure il bisogno di testimoni coraggiosi non è mai stato così urgente.

Le elezioni regionali in Veneto, storicamente, rappresentano per il centrosinistra una prova difficile, spesso persa ancor prima di iniziare. In una terra dalla profonda identità culturale e religiosa, quella che una volta era la “cintura bianca” del cattolicesimo popolare, il centrosinistra non ha mai più ritrovato una sintesi forte e convincente. E forse il problema non sta solo nei numeri, ma nelle voci.

A mancare, in particolare, è il contributo visibile e fiero della componente cattolico democratica, che troppo spesso preferisce la timidezza alla testimonianza, l’appartenenza silenziosa al confronto aperto. Questo silenzio pesa. Perché il Veneto non è una regione “di destra”: è la terra che ha dato i natali a donne come Tina Anselmi, primo ministro donna della Repubblica e figura cardine di un cattolicesimo politico coraggioso, riformatore e radicato nel sociale; è la terra del Beato Giuseppe Toniolo, Beato, economista e sociologo, tra i fondatori della moderna dottrina sociale della Chiesa. Passando per uomini come Domenico Sartor, voce del cattolicesimo contadino e Carlo Fracanzani, ponte fra fede e impegno riformista. Dove sono oggi gli eredi di questa storia?

Quella stessa ispirazione oggi sembra affievolita, quasi dimenticata. Eppure, il bisogno di una voce cattolica consapevole, moderna, capace di misurarsi con i grandi temi del presente,  dalla giustizia sociale alla transizione ecologica, dal lavoro alla pace,  non è mai stato così urgente.

Ne è testimonianza il recente Giubileo dei giovani a Tor Vergata, dove decine di migliaia di ragazze e ragazzi hanno manifestato non solo la propria fede, ma anche il desiderio di un impegno concreto, vivo, non relegato alla sola dimensione privata. È stato un segnale al Paese, e forse anche alla politica: i cattolici ci sono, ma aspettano che qualcuno li chiami all’altezza delle loro aspirazioni.

È dunque tempo che chi si riconosce nei valori del cattolicesimo democratico non solo torni a “esserci”, ma alzi la voce con coraggio e con orgoglio, nel centrosinistra e nella società civile. Che si smetta di delegare il racconto dell’impegno cristiano solo a forze conservatrici o populiste. Che si torni a tessere, anche nel Nord Est, una proposta culturale e politica che metta insieme Vangelo, Costituzione e giustizia sociale.

Lo dobbiamo ai nostri padri e madri nella fede e nella politica. Ma soprattutto lo dobbiamo alle nuove generazioni, ai loro progetti per il futuro, perchè, come ci insegnava Tina Anselmi, «La politica è organizzare la speranza».

 

N.B. L’articolo prende spunto dall’intervista a Massimo Cacciari (“Il Pd vince in Veneto solo se la destra mette il cavallo di Caligola”, a cura di Daniela Preziosi) pubblicata ieri sul Domani.