A un passo dalla ripresa in piena regola, con il governo chiamato subito ad affrontare i nodi di una difficile legge di bilancio, la scena politica appare più mossa del previsto. Le elezioni europee non sono state quel fastoso coronamento delle ambizioni della premier, di cui alla vigilia del voto si favoleggiava nei salotti della politica romana. C’è stata indubbiamente la crescita di Fratelli d’Italia, ma non l’impennata oltre la soglia del 30 per cento come nelle aspettative più ambiziose; una crescita valida per i calcoli in percentuale, causa il forte astensionismo, essendo diminuito invece il peso dei voti in assoluto; e senza l’impennata, dunque, ha fatto capolino la difficoltà della destra di radice almirantiana a farsi riconoscere, tanto a Roma quanto a Bruxelles, come elemento di stabilità e piena affidabilità democratica.
La premier ha poi commesso il grave errore di isolarsi rispetto alla concertazione del tradizionale asse franco-tedesco che ha portato alla riconferma di Ursula von der Leyen al vertice della Commissione. Da ciò deriva il disagio di Forza Italia, stretta nel mezzo della doppia solidarietà al quadro di governo nazionale e al rinnovato patto tra popolari, socialisti e liberal-democratici in Europa. Non è stato un passaggio qualunque dal momento che i tedeschi della Cdu, asse portante del Ppe, hanno chiaramente avallato e sostenuto la scelta di netta chiusura alla destra sovranista. Dopodiché la posizione di Tajani come leader di Forza Italia e vice presidente del Ppe s’è fatta molto più scivolosa e complicata.
La disputa sullo ius scholae è un segno evidente di questa imprevista torsione, a fronte dell’Europa, che investe i rapporti tra alleati di governo. I retroscena attorno ai propositi dichiarati o nascosti di Marina e Pier Silvio Berlusconi non offrono elementi di maggiore consistenza politica. Quel che conta è l’insostenibilità del balletto tra Meloni e Salvini su chi occupa lo spazio della destra nazional-popolare, con la conseguente mortificazione della linea europeistica di Forza Italia.
Per questo nell’intervista concessa ad “Avvenire”, l’altro ieri, Letizia Moratti ha scandito a chiare lettere che la questione dello ius scholae non s’inquadra nella classica disputa estiva, complice il solleone, ma s’intreccia con una riflessione politica concernente l’indirizzo dei Popolari in Europa. Con queste parole si blinda – qualcuno dice si vincola – la posizione di Tajani. In effetti, l’uscita della neo-eurodeputata azzurra ha il significato di una “bollinatura” che fa dei diritti dei nuovi italiani il terreno di conflitto con l’ostilità e le ambiguità di Lega e Fratelli d’Italia. Si sposta l’asse verso il centro e forse si gettano le basi – almeno così sembra – di un programma più conforme alle aspettative dell’elettorato intermedio, del resto sempre più infastidito da logiche di tipo radicale.
Bisogna capire, in conclusione, fino a che punto si voglia procedere in questa nuova direzione, possibilmente coinvolgendo in modo rispettoso e credibile tutte le forze autenticamente riformiste.