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venerdì, 12 Dicembre, 2025
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Il conservatorismo “ingenuo” di Meloni contro il “ri-sorgimento” di Del Noce

Nel discorso per il “Margaret Thatcher Award” la premier esalta il conservatorismo come difesa ed evoluzione identitaria. C’è in controluce una distanza incolmabile con la linea di pensiero di Del Noce, filosofo spesso citato dalla Destra.

Un conservatorismo ridotto alla retorica dell’identità

Nel suo intervento all’Acquario Romano, Giorgia Meloni definisce il conservatorismo come l’atto di “difendere ciò che si ama, ciò che ci ha resi ciò che siamo”, affermando che oggi “farlo è rivoluzionario, perché viviamo in un’epoca che ci spinge nella direzione opposta”.

La premier insiste sull’idea che una civiltà che “demolisce le cose belle e povere che ha creato” perda se stessa, e che solo “le identità forti non temono gli altri”. Anche l’apertura al mondo – sostiene – richiede prima “orgoglio di ciò che si è”, perché “quando si imparano le lezioni del passato allora si può saltare nel futuro”.

È una linea comunicativa coerente con la retorica internazionale dei conservatori, ma riduce la tradizione a un’operazione difensiva: preservare, custodire, resistere. Una prospettiva politicamente efficace, ma concettualmente povera, quasi banale rispetto alla complessità del pensiero a cui spesso la Destra si richiama.

Del Noce: la tradizione non conserva, ma fa ri-sorgere

Augusto Del Noce – spesso evocato ma raramente compreso – non pensava in termini conservatori. La sua categoria chiave non era “conservare”, bensì ri-sorgere: un’idea che trae origine dal nostro Risorgimento come evento storico, ma che egli eleva a categoria filosofica.

Per Del Noce, la tradizione non vive nella difesa dell’identità, ma nella capacità di rigenerare ciò che ci precede. Il passato è vero quando “risorge” come possibilità nuova, non quando viene protetto come reliquia.

In questo senso, tradizione e progresso non sono termini opposti: la tradizione autentica è progressiva nel suo ri-sorgere, mentre il progresso senza radice diventa mero movimento.

Il nucleo delnociano è lontano dalla retorica dell’identità forte: la tradizione è creativa, non identitaria; generativa, non difensiva.

Perché Meloni e Del Noce non convergono

La premier conclude il suo discorso affermando di essere “dalla parte giusta della storia”. Del Noce avrebbe diffidato profondamente di una simile affermazione: la storia non assegna patenti morali. Chiede invece discernimento, responsabilità e capacità di rinnovare ciò che si eredita.

La distanza teorica è evidente:

– Meloni interpreta la tradizione come ciò che si deve custodire per non indebolirsi;

– Del Noce la vede come ciò che deve ri-sorgere per diventare nuovamente vera.

Il risultato è che il conservatorismo identitario della premier difficilmente può incontrare la tradizione creativa del filosofo cattolico. Finché questa divergenza resterà inevasa, l’appello a Del Noce rimarrà un richiamo ornamentale, non una linea culturale.