Il contributo dei Popolari per dare al centro un nuovo significato

Serve una visione di società e di futuro che risulti significativa e comprensibile non solo agli addetti ai lavori ma anche e specialmente a tutti gli elettori, ai ceti sociali intermedi e popolari.

Il percorso di riaggregazione di realtà che attingono alla cultura del popolarismo e del cattolicesimo democratico e sociale, come risposta al deficit di rappresentanza e di progettualità politica delle forze che cavalcano il bipolarismo, dopo aver mobilitato molte energie, sottraendole alla dispersione e all’irrilevanza, si trova ora di fronte a un ulteriore compito (che non può mai essere disgiunto dall’impegno organizzativo): quello della ridefinizione della propria proposta politica e programmatica in un duplice senso. Come assunzione di responsabilità per un accreditamento istituzionale interno e internazionale, cosa di cui i Popolari non hanno mai difettato per la loro storia e per la loro coltura politica di governo. E serve una seconda assunzione di responsabilità nel senso della definizione di una visione di società e di futuro che risulti significativa e comprensibile non solo agli addetti ai lavori ma anche e specialmente a tutti gli elettori, ai ceti sociali intermedi e popolari.

 

Credo che in questa fase, ancora relativamente distante dalle elezioni europee del prossimo anno, l’attenzione vada posta in particolare su quest’ultimo obiettivo. Ci sono ampie fasce di elettorato – considerando anche la metà di questo che diserta le urne – che rifiutano la polarizzazione destra-sinistra, che faticano a riconoscersi nei partiti attuali ma che, nel contempo, trovano il modo in cui attualmente è organizzato il centro, inadeguato alle loro attese e spesso indefinito e amorfo nella proposta. Credo che i Popolari possano esercitare un ruolo importante allo scopo di rendere l’area di centro, ora fluttuante in base agli umori dei leaders di due partiti personali, maggiormente identificabile dalla classe media per la posizione espressa sui temi cruciali posti da questo tempo di cambio di epoca nel quale stiamo vivendo.

 

Un ruolo che possiamo avere se prima di tutto proviamo a fare tra di noi popolari di diverse realtà e provenienze, questo lavoro, che per certi versi richiama quello degasperiano delle “idee ricostruttive”, per il mondo attuale in funzione di quella che Lucio D’Ubaldo ha definito una risignificazione  del centro. Anche utilizzando allo scopo nuovi strumenti, come lo è una testata on line quale Il Domani d’Italia, insieme ad altri strumenti che favoriscono il ragionamento e il dibattito, offerti dalle nuove tecnologie.

 

In tal modo il contributo dei Popolari alla costruzione del centro non si limiterà ad aggiungersi in termini numerici a una coalizione, cosa pur importante laddove se ne ravvisino le condizioni, ma potrà concorrere, col bagaglio della propria cultura politica declinata nel presente, a definire l’equilibrio di una strategia di governo. E ciò su tutte le principali direttrici. I Popolari hanno davanti a loro la straordinaria opportunità di dimostrare in modo peculiare e ben identificabile da tutti i cittadini, una loro capacità di visione, basata su un’antropologia e su una idea di società, che rassicura la classe media e che suscita fiducia e speranza, su tutte le principali questioni (dalla pace, al lavoro, all’economia, alla famiglia, all’ambiente, alla rivoluzione digitale, ecc.).

 

In un mondo che sta cambiando rapidamente e in modo inedito e sorprendente (un esempio per tutti che rende l’idea: il presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa ha annunciato che una delegazione di sei stati africani sta tentando una iniziativa di pace per l’Ucraina, in Europa) la classe media è alla ricerca di solidi punti di riferimento, non solo come argine a sempre possibili nuovi estremismi ma anche come guida verso un futuro nel quale ambisce a rimanere protagonista piuttosto che essere risucchiata nella subalternità da debordanti poteri oligarchici che sembrano non lontani dal veder esaurire il loro ciclo.

 

A ben vedere chi meglio di una tradizione politica come il popolarismo, che ha fatto del riscatto dei ceti popolari e lavoratori che erano ai margini della vita sociale e politica, la propria missione storica, ha  la possibilità di interpretare meglio le vicende del mondo attuale che vedono, oltre ai Brics, una schiera numerosa di altri stati con popolazione e forza economica enorme, ambire a entrare a pieno titolo nella società e nella politica globale con pari dignità con quell’aristocrazia di stati che per secoli ha fatto, anche sulla loro pelle, il bello o cattivo tempo?