In occasione della ricorrenza dei 150 anni dalla nascita di Luigi Sturzo, l’Associazione Nazionale dei Democratici Cristiani (ANDC) organizza a Roma, venerdì 26 novembre alle 17.30, presso il Centro congressuale “Gli Archi”, Largo S. Lucia Filippini 20, la presentazione del libro di Alfonso D’Amodio, Libertà, giustizia e sviluppo. Sturzo, Rawls e Sen: un dialogo inaspettato, Solfanelli, 2021.
Giulio Alfano, nella circostanza, terrà la relazione introduttiva. Di seguito riportiamo la parte finale della sua prefazione al volume di D’Amodio.
Giulio Alfano
D’Amodio confronta il progetto sturziano sullo sfondo del grande timore della gerarchia ecclesiastica di quegli anni, il modernismo, e rende speculare la forza della dignità politica di Sturzo con quello che definisce “il ruggito Rawlsiano”, che ha spazzato via ogni possibile alternativa di ricerca. I due pensatori quindi, secondo l’autore, hanno risposto, seppur in tempi tanto distanti e indipendentemente uno dall’altro, ai valori di libertà, democrazia, giustizia e solidarietà per tutti gli uomini.
La sfida lanciata è ben riassunta dal “fatto del pluralismo” di individuare una forma politica che potesse rappresentare tutti nella pubblica piazza, come mai era avvenuto prima. Sturzo fa riferimento nei suoi discorsi alla necessità che il Partito popolare operasse una politica capace di rappresentare tutti i cittadini senza esclusione, ma anche senza ingerenza da parte delle istituzioni; in questo senso anche la chiesa cattolica veniva posta di fronte al concetto non sempre condiviso della “laicità” della politica. Sturzo, come nota D ’Amodio, non concepiva un partito cattolico “perché un ossimoro” e infatti evidenziava come la religione non potesse circoscriversi in una concezione o statuto partitico, che la Chiesa non debba essere declassata a ruolo di un partito e soprattutto che la politica non è una religione.
La passione politica non deve frantumarsi in divisioni confessionali e in questo anche s e Sturzo non sarà un padre costituente, vedrà nella Costituzione della Repubblica italiana un importante riferimento per l’affermazione della libertà anche nel riconoscimento del giusto ruolo della religione come recita l’art. 7.
In questo senso specularmente divide ogni dottrina comprensiva dalla possibilità di entrare politicamente nella pubblica competizione e in ciò esattamente, come Sturzo, vuole arrivare ad individuare un modo per poter arrivare alla costituzione di una giustizia equa, solidale, che sappia armonizzare progresso e sviluppo, perché possa la politica rappresentare tutti i cittadini.
Nella sua visione infatti Sturzo non vuole isolare la “persona” dal proprio contesto e anche dalla propria fede per tutelare la dignità della persona; emerge secondo D’Amodio un fatto importante di contatto con Rawls nel fatto che per poter permettere il pieno sviluppo della persona e la tutela della sua dignità che muove dalla libertà di ciascuno. E in questo anche Sturzo evidenzia l’importanza della visione liberale.
Il panstatismo non solo non raggiunge le istanze dei singoli sul territorio, ma viola il diritto alla partecipazione politica del cittadino. E Rawls perviene alla medesima conclusione perché la libertà in tutte le articolazioni è il primo principio di una teoria della giustizia come equità, che necessita quindi della forma liberaldemocratica costituzionale che radica meglio il “metodo democratico”.
Tuttavia molto interessante secondo me è l’ultima parte del lavoro di D’Amodio in cui ha dedicato capitoli col fine di analizzare le ragioni dell’antidogmatismo politico, soprattutto intrattenendosi su quei pensatori che si sono resi estranei al pensiero filosofico cattolico, recuperando una corretta interpretazione delle fonti filosofiche di S. Tommaso d’Aquino, nella giusta armonia tra fede e ragione, che poi costituisce lo snodo dei problemi in epoche diverse affrontati anche da Sturzo e Rawls. La formalizzazione di tale ricerca ha consentito a D’Amodio di pervenire ad un’analisi esaustiva della filosofia politica e del suo spendibile valore nelle nostre attuali società postglobalizzate, arricchendo il lavoro con il riferimento a Sen come esempio scientifico della visione filosofica, senza indulgere a dettami esclusivamente economici.
Per questo il lavoro di D’Amodio costituisce un primo passo verso la riscoperta del valore filosofico politico di una ricerca che partendo dalla storia risale alle matrici di pensieri troppo spesso esclusi attualmente e direi universalmente dal dibattito politico.
L’orizzonte plurale della sua ricerca consente di collocare in senso dinamico le opere di Sturzo e Rawls senza consegnarle soltanto all’indulgenza della memoria affettiva, ma rendendole operative per interpretare un mondo in così rapido e spesso convulso cambiamento, coordinando visioni politiche complementari nella democrazia partecipativa come ultima sfida che l’epoca contemporanea offre all’uomo.