Il più debole ha sempre la necessità di non chiudere la partita. La ragione è del tutto evidente. A fine pagina denuncerebbe la sua minorità. Per questo motivo è costretto a mantenere vivo il romanzo. Come se dovesse fuggire dalla sua manifesta condizione.
È ciò che sta facendo MATTEO RENZI. Sin dall’inizio la sua debolezza era manifesta. Ha iniziato le ultime danze sulla scorta di una fragilità a tutti nota. Da tempo i sondaggi lo relegano a valori oscillanti intorno al 3%: un moscerino politico.
Da una settimana a questa parte va suonando la gran cassa. Il pretesto l’ha trovato, l’ha esposto e lo ha trascinato in ogni luogo pubblico: televisioni, giornali, Parlamento.
Lo scopo non ha inteso di nascondersi. In sostanza Renzi desiderava ardentemente rimettersi sotto i riflettori e interpretare il ruolo di prim’attore. Ritornando sulle immagini del suo intervento al Senato, dalle ampie gestualità, alla frenesia verbale, riconosco una certa qual teatralità.
Spiazzato dalla mossa del premier il quale non ha inteso perder tempo intorno alla commedia, ha convocato, seduta stante, le riunioni di maggioranza. Con ciò, GIUSEPPE CONTE, desiderava metter fine al brano renziano. Insomma scrivere l’ultima pagina.
E qui, non è mancata al baldo toscano, una mossa del suo repertorio: prolungare, a tutti i costi, la sarabanda messa in atto qualche giorno prima. Cos’ha pensato? Tiro la corda, faccio una serie di richieste, intensifico la richiesta di quest’ultime e così, impedisco al timoniere di portare in fretta il vascello in porto, ottenendo in tal modo desta la scrittura del romanzo.
Adesso, dovremmo attendere l’inizio di scenario per vedere quale mossa avrà in serbo il capo di Italia Viva per procrastinare ulteriormente il severo giudizio che impietosamente, i sondaggi gli affidano, vale a dire quel misero consenso che ho ricordato all’inizio.