C’è un filo rosso, politico e culturale, che lega in modo quasi inscindibile, due ruoli profondamente diversi tra di loro ma molto simili nella concreta declinazione nella dimensione sociale e politica. E cioè, da un lato rimarcare con forza e coerenza il ruolo e la mission di un sindacato come quello della Cisl e, sul versante politico – in piena autonomia e senza alcuna deriva collaterale – la necessità di avere una presenza altrettanto forte e coerente di una sinistra sociale di ispirazione cristiana. E questo a maggior ragione in una fase politica dove registriamo la presenza di un sindacato, la Cgil nello specifico, che ormai svolge un ruolo squisitamente politico/partitico e che progressivamente è diventato il vero punto di riferimento delle tre sinistre presenti nel nostro paese: quella radicale e massimalista della Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle e quella estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis.
Al riguardo, credo si possa sostenere, e senza enfasi, che conservano una straordinaria attualità e modernità una storia e una cultura politica che continuano ad essere utili e necessarie anche nella stagione contemporanea. Purché, appunto, siano coerenti con la loro storia e la loro tradizione culturale. Penso, cioè, allo storico ruolo del ‘sindacato bianco’, ovvero la Cisl e, soprattutto, all’esperienza politica della sinistra sociale di ispirazione cristiana. Una esperienza politica che, guarda caso, è stata guidata – una volta cessato definitivamente il ruolo di leader e dirigenti sindacali – da esponenti come Giulio Pastore, Carlo Donat-Cattin e Franco Marini. In particolare Donat-Cattin e Marini che hanno segnato, in epoche diverse e con partiti diversi, il cammino e l’originalità del riformismo cattolico e sociale nella politica italiana.
E tutt’oggi è indispensabile avere da un lato un sindacato che predichi e pratichi una vera e credibile autonomia rispetto alla politica, ai partiti e al Governo svolgendo sino in fondo quel ruolo che ormai è scomparso dall’orizzonte di altre organizzazioni sindacali svolgendo, altrettanto coerentemente, quel lavoro di contrattazione a livello locale e nazionale che contraddistingue la vera mission di una organizzazione sindacale nè ideologica e nè legata organicamente a qualche partito o schieramento politico. Al contempo, e su un altro versante, va rilanciata e riattualizzata quella straordinaria esperienza che ha contribuito a qualificare l’esperienza di alcuni partiti popolari, democratici e riformisti. E cioè, quella sinistra sociale di ispirazione cristiana che nel corso dei decenni ha saputo declinare una proposta politica di difesa e di crescita dei ceti popolari, dei lavoratori e dei loro diritti. Una difesa che non è mai stata meramente corporativa o settoriale ma che veniva sempre inserita all’interno di un progetto politico complessivo di un partito e che poi veniva trasferito, attraverso una sapiente e tenace mediazione, nelle scelte concrete di un Governo.
Ed è proprio partendo dai temi del lavoro, dell’occupazione, dell’innovazione tecnologica, dei salari e delle reali condizioni di vita dei lavoratori che si rende sempre più indispensabile questa duplice sfida. Ovvero, un sindacato libero, autonomo, riformista e autenticamente democratico e rappresentativo e una esperienza politica e culturale che partendo da quel filone di pensiero sappia trasferire concretamente, e laicamente e senza alcun collateralismo, nell’agone politico un progetto che sia in grado di difendere i ceti popolari partendo proprio dai temi del lavoro.
Perché ieri, come oggi, le culture politiche e le tradizioni di pensiero non possono essere banalmente e qualunquisticamente storicizzate o, peggio ancora, archiviate. Occorre sapere riscoprirle quando sono, semplicemente, necessarie ed indispensabili.