All’indomani dei disordini di Roma ci si chiede quanto la zona grigia degli anti-vaccino faccia, suo malgrado, da nascondiglio per gli squadristi. La marea nera ultranazionalista non aspettava altro per colpire se non il malcontento popolare, dettando – così spera –  la sua linea politica. Si staglia evidente, e con pesantezza, il vuoto politico offerto dalle destre, senza programmi e senza identità. L’autore accenna anche alla debolezza delle istituzioni: su questo punto “Il Domani d’Italia” preferisce vedere nel volto dei sui rappresentanti – Draghi e Mattarella in primo luogo – l’immagine di una Repubblica che non cede alla violenza e non abdica alle responsabilità. 

Volevano riproporre la “marcia su Roma” di storica memoria. Si è tramutato in un nulla di fatto, se non tanta paura per i turisti e per i commercianti, increduli. Sabato 9 ottobre Roma si aspettava un migliaio di manifestanti contro la “dittatura sanitaria”. Ne sono arrivati diecimila, o poco meno. Il corteo contro l’obbligo della tessera verde si è mosso da Piazza del Popolo. Al suo interno, però, squadre di militanti di estrema destra ne hanno approfittato per dilagare, tentando, secondo le ultime fonti investigative, di ripetere quello che, mesi fa, negli Stati Uniti, alcuni estremisti repubblicani sono riusciti a fare durante l’ormai storico raid di Capitol Hill, il 6 gennaio scorso. 

Roma come Washington? Pare di no. Gli italici facinorosi, tuttavia, non sono riusciti a violare Palazzo Chigi, ripiegando in un gesto dimostrativo nella sede nazionale della Cgil, e un raid contro un pronto soccorso “reo” di trattenere un loro “camerata” bisognoso di cure, ma sprovvisto di green pass e contro il tampone per l’accertamento del coronavirus. Quegli attacchi, che pare siano stati pianificati dai gruppi neofascisti, costeranno alle associazioni-partito nazionaliste e ai loro membri la contestazione di gravi reati, fra cui quelli di devastazione e saccheggio. 

Quelle turme che, oltreoceano, sfondarono le porte del Congresso degli Stati Uniti, a Roma non sono riuscite a fare breccia. Non sono passati. Il quesito ora riguarda la distinzione, se possibile, tra le frange di protesta legittima contro le misure governative a tutela della salute pubblica, ritenute da molti eccessivamente pressanti, e l’accordo implicito con la destra eversiva. Ci si chiede, quindi, come e quanto si possa fare una distinzione tra no-Vax, no-Green Pass, e coloro che usano la protesta per cavalcare una propria “rivoluzione”, ripetendo, da decenni, i medesimi schemi, in un eterno tentativo di ripercorrere quella Marcia su Roma che, nei tempi che sono, e con i soggetti in campo, assume toni grotteschi. Ma grottesca non è la violenza che, in tutto il mondo, la crisi economica, unita a quella sanitaria, hanno sdoganato negli ultimi vent’anni. Sacche di rabbia, di frustrazione individuale, di risentimento, di tensione sociale, di sociopatia, più o meno velata, si sono progressivamente raccolte in movimenti spontanei, captati da questo o da quel movimento reazionario che ha usato quelle masse di rabbiosi per i propri scopi politici. 

Come la caccia alle streghe non sarebbe stata possibile, in epoca medievale, senza le folle ignoranti e arrabbiate contro i saccheggi dei soldati e contro la natura che, matrigna, scagliava sull’uomo carestie e pestilenze, così il fascismo nei primi del Novecento non avrebbe potuto trarre la sua forza senza quelle Camice Nere che avevano accumulato un’insofferenza crescente, per quella vittoria mutilata di dannunziana memoria che li aveva resi inutili come militi, soggiogati come sudditi, disoccupati come uomini. Oggi, quello stesso rancore si fa massa, coordinato grazie ai social media. In voga ora è Telegram, il canale di messaggistica che è diventato, pare, il ricettacolo preferito dei no-tutto. 

All’indomani dei disordini di Roma ci si chiede quanto la zona grigia degli anti-vaccino faccia, suo malgrado, da nascondiglio per gli squadristi, facinorosi di quella marea nera ultranazionalista che non aspettava altro per colpire se non il malcontento popolare, dettando – così spera –  la sua linea politica, sul vuoto politico offerto dalle destre strutturali, senza programmi e senza identità, e dalla debolezza delle istituzioni democratiche.