La decima edizione dei Med Dialogues, Dialoghi Mediterranei, conclusasi ieri a Roma, si è svolta in una fase in cui l’instabilità in Medio Oriente sembra aver raggiunto il suo culmine ma in cui riemergono anche le speranze di pace con l’accordo appena siglato per il cessate il fuoco in Libano.
La conferenza internazionale promossa dal Ministero degli Esteri e dall’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, che quest’ anno celebra i 90 anni di attività) ha evidenziato ciò che al nostro Paese riesce meglio in campo internazionale, il ruolo di paese ponte, polo di incontro e di dialogo tra popoli e culture diverse, essendo l’Italia uno stato di importanza geopolitica eccezionale, in un mondo sempre più interconnesso, naturale ponte fra l’Est e l’Ovest, il Sud e il Nord del globo, posta com’è al centro del Mediterraneo, mare a sua volta posto al centro dell’Oceano-Mondo, che collega le rotte dell’Oceano Atlantico a quelle dell’Indo-Pacifico.
Questa edizione dei Med Dialogues si è svolta in contemporanea con la riunione ministeriale dei ministri degli Esteri del G7 a Fiuggi, ed ha visto la partecipazione, fra gli altri dei ministri degli Esteri di Croazia, Giordania, Egitto, India, Libia, Libano, Yemen, Palestina. E per la prima volta si è avuta la presenza ai Rome Med Dialogues dei paesi dei Balcani occidentali, con i ministri degli Esteri di Albania, Bosnia Erzegovina, Macedonia del Nord e Montenegro, chiamati a confrontarsi sulle sfide del cosiddetto Mediterraneo allargato, ovvero l’area compresa tra lo stretto di Gibilterra e il Golfo di Aden, che abbraccia anche il Medio Oriente, il Maghreb e il Sahel, fino all’Africa centrale.
La tre giorni di dibattiti, focalizzati su problemi comuni oppure su situazioni dei singoli Paesi di questa ampia area, si è basata su quattro pilastri: sicurezza, prosperità, cultura e dimensione umana, in modo da stimolare nuove idee e suggerimenti per ampliare la cooperazione economica, superare le rivalità e i conflitti regionali e garantire che vengano messi in moto incentivi adeguati per lo sviluppo sostenibile.
Ne è venuto fuori una analisi molto dettagliata delle molteplici realtà, caratterizzata, a mio giudizio, dall’emergere in quasi tutti i panel di quattro costanti.
La prima. Da qualunque punto di osservazione si guardi il Mediterraneo (dall’India piuttosto che dai Balcani o dall’Atlantico), i conflitti in corso, quello israelo-palestinese ma anche la gravissima guerra civile in Sudan, le tensioni attorno al Mar Rosso che si ripercuotono sulla sicurezza del Canale di Suez, costituiscono un grande ostacolo allo sviluppo e all’economia globale nonché all’attuazione degli obiettivi della sostenibilità. È proprio quando si prova a ragionare insieme, ad ampliare le conoscenze sulle reciproche diversità, come si è fatto ai Rome Med Dialogues, che la guerra appare in tutta la sua irrazionale follia. Esperti e politici (come Ayman Safadi, vice premier e ministro degli Esteri della Giordania); con competenze diverse, di continenti diversi sono apparsi unanimi nell’indicare il cessate il fuoco per tutti i conflitti in corso nell’area come il punto irrinunciabile per ogni progetto futuro.
Una seconda costante che si è riscontrata, è stato il diffuso riconoscimento del ruolo dell’Africa, nel contesto mediterraneo e globale, anche in seguito alle sollecitazioni fornite alle discussioni dal Piano Mattei per l’Africa, dell’Italia.
Una terza ampia consapevolezza che si è manifestata, è stata quella della necessità di porre il Mediterraneo al centro delle politiche dell’Unione Europea in modo molto più impegnativo che in passato.
Infine, molti dibattiti sono stati caratterizzati dal concetto di un nuovo ruolo globale del nostro mar Mediterraneo. Globale in due sensi. In un primo senso, ricordato anche dall’intervento della premier Meloni, come mare che collega gli oceani del globo, l’Atlantico e l’Indo-Pacifico.
Nel secondo senso, Mediterraneo globale, come una sorta di specchio del G20, come il mare che mette in relazione Paesi appartenenti a varie organizzazioni internazionali che svolgono un ruolo di grande rilievo nel mondo ma che non sono sufficienti da soli, se non dialogano, ad affrontare le sfide comuni per l’umanità: l’Ue, la Nato, il G7, la Lega Araba, l’Organizzazione della cooperazione islamica, i Brics.