Il sempre verde Prodi è molto difficile da interpretare e da descrivere. Essendo “il politico italiano”, come ricordava simpaticamente Sandro Fontana in tempi non sospetti, “più rancoroso e vendicativo”, ogni sua scelta e indicazione è sempre anche il frutto e la conseguenza di quell’impostazione. O perchè non sufficientemente ascoltato quando offre le sue profezie su come rafforzare il campo della sinistra e progressista o perchè, ed è questa la versione più accreditata, non gradisce la non traduzione in atti concreti delle richieste – di norma sempre legate al potere – che nel tempo avanza. Quale che sia la reale motivazione, non c’è alcun dubbio che il Centro che viene attribuito a Prodi resta sostanzialmente un mistero. E ciò per due ragioni.
Il contrasto con Marini
Innanzitutto perchè l’ex capo dell’Ulivo non ha mai parlato della necessità di rafforzare un’offerta politica centrista ma sempre e solo di allargare il perimetro dell’alleanza di sinistra per riequilibrarla rispetto al massimalismo e all’estremismo radicale dell’attuale segretaria del Pd Schlein. Del resto, il Centro è sempre stato una categoria sufficientemente estranea al verbo prodiano. È appena sufficiente ricordare, se non vogliamo sempre e solo santificare le sue parole – come è adusa quotidianamente la stampa compiacente progressista -, peraltro a volte molto scontate, i profondi dissapori e i forti contrasti con Franco Marini proprio sulla necessità di rilanciare e valorizzare il Centro e una “politica di centro” nel nostro paese ai tempi soprattutto dell’Ulivo ma anche dell’Unione. Motivazioni che rispondevano anche, per non dimenticare le profetiche parole di Sandro Fontana, a ragioni riconducibili a motivazioni dettate dal “rancore e dalla vendetta”. Comunque sia, il Centro non è mai stato un tema che ha fatto impazzire il professore bolognese che, del resto, non lo ha mai sposato. Sia nella sua esperienza nella Dc come “esperto” e come uomo di potere del sottogoverno e sia nella seconda repubblica all’interno della contesa politica.
L’ossessione della leadership
In secondo luogo Prodi è sempre stato attento agli equilibri di potere all’interno della coalizione progressista e meno, molto meno, al suo riequilibrio politico. Non è un caso, del resto, che la sua predilezione è sempre e solo stata sulla figura che deve guidare l’intera alleanza di sinistra più che non sulla sua composizione politica. E, del resto, da autentico e consumato uomo di potere, questa era e resta la cifra distintiva e più importante per creare le condizioni reali per un’alternativa credibile e praticabile al centro destra in vista delle prossime elezioni politiche del 2027.
Non è il Centro
Ora, e alla luce di queste due oggettive considerazioni, si può tranquillamente concludere che la ricetta di Prodi non è affatto quella di rafforzare quel Centro e quella “politica di centro” di democristiana memoria. Molto più semplicemente si tratta di individuare una figura di riferimento della coalizione progressista che non segua passivamente le indicazioni radicali e massimaliste della Schlein da un lato e che, dall’altro, sia in grado di allargare il recinto elettorale dell’alleanza stessa. Come sempre, un disegno politico, e di potere, che sia funzionale per tentare di vincere le elezioni. Ma, per favore, non parliamo più di un Centro prodiano.

