Ieri pomeriggio, poco dopo le 16:00, Papa Francesco ha lasciato il Vaticano in forma privata e si è recato in visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, per rivolgere una preghiera alla Vergine, Salus populi Romani, la cui icona è lì custodita e venerata. Successivamente, facendo un tratto di Via del Corso a piedi, come in pellegrinaggio, il Santo Padre ha raggiunto la chiesa di San Marcello al Corso, dove si trova il Crocifisso miracoloso che nel 1522 venne portato in processione per i quartieri della città perché finisse la “Grande Peste” a Roma. Abbiamo intervistato Ilario Maiolo dell’Arciconfraternita del Crocifisso di San Marcello.
La visita del Santo Padre oggi in forma privata al Crocifisso della Chiesa di San Marcello al Corso ha il significato di un gesto di umiltà e di invocazione. Nel 1522 il Crocifisso fu portato in processione per le vie di Roma per debellare la peste. Oggi possiamo attribuire alla visita di Papa Francesco un sentimento di auspicio e affidamento divino affinché si ripeta in quel gesto di fede la speranza che tutto il mondo invoca?
Certamente, il Crocifisso è la speranza che il mondo invoca in questo periodo così buio. Inoltre come già in passato il SS. Crocifisso non si stanca di farci miracoli. Il Papa quindi in visita al Crocifisso di San Marcello è una speranza per tutti noi che siamo smarriti e non sappiamo dove andare. Seppur periodo di deserto e riflessione, la preghiera, se fatta con il cuore, rappresenta quel dono grande che il Padre ci ha fatto. Anche noi sull’esempio del Papa possiamo chiedere la grazia per il mondo intero di far cessare questa epidemia così seria e grave.
Ci può ricordare quell’aneddoto storico e quali sono i sentimenti di fede popolare che sono rimasti e radicati nella vostra comunità parrocchiale, nell’arciconfraternita e nella gente ancora oggi?
Era la notte tra il 22 e 23 maggio 1519 quando vi fu un grande incendio che distrusse tutta la Chiesa di San Marcello, l’unica cosa rimasta intatta fu il SS. Crocifisso con le due lampade a olio accese.
Nel 1522 la “Grande Peste” fece si che ricorrendo al SS. Crocifisso, memori del miracolo della notte dell’incendio, in 16 giorni la peste venisse sconfitta. Anche nel 1600 un altro episodio di peste cessò miracolosamente chiedendo l’intercessione al SS. Crocifisso in Urbe.
Ancora è rimasta radicato nella nostra comunità la speranza che il SS. Crocifisso ci ascolta sempre, rimaniamo speranzosi per questa situazione che ci opprime e preghiamo perché interceda per noi.
Come la Diocesi di Roma si sta preparando per organizzare le parrocchie, le associazioni, il volontariato per contribuire fattivamente e con la preghiera affinché questa pestilenza del terzo millennio risparmi il suo flagello alla Capitale?
Sono già stati presi provvedimenti a livello nazionale ed anche diocesano per porre rimedio alla diffusione del virus. Oltre che con la preghiera personale, alcune Parrocchie si sono organizzate in streaming per la recita del Rosario o di altre preghiere in comune. Il volontariato sicuramente, sebbene limitato, che fa tanto anche in situazioni normali, adesso anche sta facendo molto, contribuendo affinché finisca questa “pestilenza del terzo millennio”.
Il nord dell’Italia sta attraversando un periodo drammatico : possiamo sentirci vicini nella preghiera in questa invocazione affinché il coronavirus risparmi altre vite umane e ci permetta di ritornare alle nostre abitudini quotidiane, agli affetti, al lavoro?
Il SS. Crocifisso è storicamente legato alla città di Roma, come Urbs Urbis, quindi ognuno può farvi riferimento per la preghiera e sicuramente verrà ascoltato. Sebbene fisicamente a Roma, molti sono legati alla tradizione del Crocifisso anche fuori Italia.
Ringraziamo Papa Francesco che ci ha fatti rimanere sorpresi e felici per la sua visita privata. Visto il momento non sarebbe potuta essere pubblica. Quali sentimenti ha suscitato in Voi e nei romani questo gesto di umiltà e di Fede?
Siamo rimasti sorpresi ma felici per la visita di Papa Francesco che lascia nei nostri cuori la speranza universale che il contagio finisca presto e che ognuno di noi possa ritornare agli affetti che la vita ci ha donato.