Ad oltre sessanta anni dalla tragica fine di Enrico Mattei, il fascino dei progetti pensati e realizzati negli anni dal fondatore del Gruppo ENI, risuona prepotentemente nel dibattito politico dei nostri giorni.
Una visione che andò oltre i confini del nostro Paese e che rappresentò una delle migliori espressioni della proposta politica ed economica della tradizione di governo del cattolicesimo democratico italiano. Costruire intorno all’ENI, principale azienda pubblica, una strategia di politica industriale che favorì lo sviluppo economico nazionale degli anni ’50 e ’60, in grado però di guardare con determinazione fuori dai confini nazionali, rappresentò una delle principali intuizioni di quel periodo.
Mattei, partendo da una debolezza energetica strutturale dell’Italia, in pochi anni portò l’ENI ad essere protagonista nei mercati internazionali, sostenendo la nuova politica estera del Paese, ancora molto attenzionata dalle potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale. Un disegno ambizioso, che guardava principalmente all’area MENA (Middle East and North Africa) e all’Africa subsahariana come territori da potenziare, sostenendone la crescita delle risorse naturali interne e le tradizioni culturali, promuovendo la necessaria formazione professionale degli addetti e favorendo, in particolare, l’autodeterminazione e l’indipendenza politica dei popoli. Un’attenzione che non considerò quei Paesi come il “problema da risolvere”, ma utili partner nei nuovi equilibri internazionali post-bellici.
Un approccio innovativo, basato sul riconoscimento dei Paesi produttori di petrolio e gas quali interlocutori privilegiati sul piano politico ed economico, con un ruolo non più subalterno rispetto alle maggiori Oil Company e verso il superamento dell’antico colonialismo europeo. L’impegno di Mattei per l’Africa e il Medio Oriente fu indubbiamente dettato dall’assicurare all’Italia le necessarie risorse energetiche per la continuità dello sviluppo economico e sociale del Paese, ma con un’attenta strategia politica organica al mondo occidentale, senza però rinunciare ad una funzione da protagonista del nostro Paese. Un’eredità che ancora oggi il management del Gruppo ENI ribadisce con autorevolezza nel contesto internazionale; basti pensare alla velocità di sostituzione dell’approvvigionamento del gas russo con l’Algeria, il Kazakhstan e le importazioni di GNL da altri Stati produttori (Usa, Qatar, Mozambico, Angola, etc.…), subito dopo l’invasione dell’Ucraina.
Queste considerazioni fanno emergere la sostanziale differenza tra le politiche di Mattei verso l’Africa e il Medio Oriente e il pur apprezzabile progetto del Governo Meloni di riproporre un rinnovato “Piano strategico Italia-Africa: Piano Mattei”. Un progetto polifunzionale che interverrebbe su vari ambiti: dalla cooperazione allo sviluppo, istruzione e formazione professionale, ricerca e innovazione, salute, agricoltura e sicurezza alimentare, approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche, tutela dell’ambiente e adattamento ai cambiamenti climatici, ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture anche digitali, valorizzazione e sviluppo del partenariato energetico anche nell’ambito delle fonti di energia rinnovabile, e soprattutto prevenzione e contrasto dell’immigrazione irregolare. Al di là delle buone intenzioni e delle ancora limitate risorse finanziarie, il Piano si basa su un contesto globale totalmente diverso dall’originale. Come riportato precedentemente, la strategia di Mattei, iniziò dalle intuizioni del suo genio imprenditoriale e politico, ma in un contesto complessivo di diffidenza verso l’Italia, agli albori degli accordi per una comunità europea e dal punto di vista imprenditoriale senza l’attuale presenza radicata del Gruppo ENI in Africa. Il Progetto del Governo Meloni, anche se costruito su interventi programmatici trasversali a molti settori, è pensato e è caratterizzato prevalentemente dall’ossessione per lotta all’immigrazione, tema che ha messo molto in difficoltà l’attuale maggioranza di governo, rispetto alle promesse e alle dichiarazioni di intenti precedenti alle elezioni di un anno fa. Inoltre, pensare ad un Piano per l’Africa, non guardando ad interventi organici condivisi con l’Unione Europea, rischia di rimanere soltanto un auspicio importante, ma senza una prospettiva concreta di realizzazione.
Pertanto, citare ed ispirarsi a Mattei, a settanta anni dalla fondazione del Gruppo ENI (anni dei governi centristi), è certamente un atto apprezzabile, ma Enrico Mattei fu altro.