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Patrimoni immateriali, prima giornata di lavori della conferenza internazionale di Roma.

Dall'Australia al Brasile, da Singapore all'Uganda, dalla Lituania all'Egitto, dall'Iran all'Arabia Saudita, fino al Canada, i partecipanti, riuniti insieme per la prima volta, si sono confrontati sui patrimoni culturali immateriali.

Una sorta di “Cernobbio della Cultura”, ovvero la conferenza internazionale sul patrimonio culturale immateriale e sul suo rapporto con lo sviluppo sostenibile. A pochi giorni dalla Cop28 sui cambiamenti climatici, si è aperta a Roma – sotto l’egida dell’Unesco – la conferenza per celebrare i vent’anni dalla Convenzione del 2003 sui patrimoni immateriali.

Organizzata dalla Cattedra Unesco dell’Università Unitelma Sapienza di Roma, diretta dal professor Pier Luigi Petrillo (che è anche professore di Cultural Heritage alla Luiss Guido Carli), e promossa da Civita Mostre e Musei e dalla Fondazione Treccani, con la collaborazione di numerosi altri soggetti pubblici e privati, la conferenza vede impegnati nelle due giornate di lavori esperti provenienti da tutto il mondo.

“Il patrimonio vivente, fatto di tradizioni, di riti, di pratiche – sottolinea Pier Luigi Petrillo, Presidente Cattedra Unesco – serve a tenere vive le nostre comunità e i nostri territori. Senza i patrimoni viventi anche quelli materiali perdono di senso. Il primo messaggio è: dobbiamo salvaguardare questi patrimoni e assicurare che vengano trasmessi alle nuove generazioni. Il secondo messaggio è che questi patrimoni servono per contrastare i cambiamenti climatici e per assicurare lo sviluppo sostenibile, questa conferenza cerca di far emergere la stretta connessione tra patrimoni viventi e sviluppo sostenibile”.

Dall’Australia al Brasile, da Singapore all’Uganda, dalla Lituania all’Egitto, dall’Iran all’Arabia Saudita, fino al Canada, i partecipanti, riuniti insieme per la prima volta, si sono confrontati sui patrimoni culturali immateriali ovvero quei “patrimoni viventi” (l’UNESCO li definisce “living heritage”) che rappresentano le tradizioni, le pratiche, i riti che, tramandandosi di generazione in generazione, narrano l’identità di una comunità e di un territorio.

“Colleghiamo l’idea del patrimonio immateriale dell’umanità con lo sviluppo sostenibile – dice Janet Blake, Professoressa di Diritto del Patrimonio Internazionale – soprattutto perché se i paesi cercano sviluppo, ma non considerano l’aspetto sociale e culturale che il patrimonio immateriale dell’umanità rappresenta, quello sviluppo non sarà socialmente sostenibile, e questo credo davvero sia il messaggio di questo incontro”.

In conclusione, la conferenza intende offrire una serie di riflessioni concrete da trasmettere poi al tavolo dei decisori politici in vista della COP28, in programma a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre.

 

 

Il programma della Conferenza

https://www.unesco.it/it/News/Detail/1994

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