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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Il pluralismo perduto: quale strada per il centro-sinistra?

Appare evidente a chiunque non voglia guardare alle cose con i paraocchi dell’ideologia che senza una corposa formazione di centro, non subalterna al Pd, non sarà possibile divenire competitivi con la Destra.

Stanno suscitando un giusto interesse i due convegni che il prossimo 18 gennaio si terranno a Milano e Orvieto, rispettivamente organizzati da Comunità Democratica, nuova sigla che raccoglie cattolici democratici prevalentemente iscritti al Pd, e Libertà Eguale, storica associazione della sinistra riformista. Il motivo è presto detto: entrambe queste aree cultural-politiche sono marginalizzate nel Pd guidato da Elly Schlein, si sentono tali e finalmente si sono decise ad ammetterlo e a comunicarlo, all’interno e all’esterno del partito che contribuirono a fondare e del quale sono state, per un certo periodo, parte importante. Ovviamente le due iniziative non dichiarano esplicitamente questo intento e propongono una riflessione d’insieme che si annuncia di elevato profilo, esigenza quanto mai utile e avvertita come necessaria in tempi nei quali quasi ogni tentativo di approfondimento viene sacrificato sull’altare della superficiale e fugace comunicazione social. 

Ma non v’è dubbio che gli interventi dei principali protagonisti dei due incontri, così come stanno sottolineando tutti gli osservatori, verranno valutati con grande interesse e attenzione, così come lo stesso clima generale che si avvertirà in sala, perché potrebbero preludere a qualche novità significativa. Che potrebbe essere interna al PD, più probabilmente, ma anche esterna nel caso la maggioranza del partito dovesse riconfermare la propria chiusura di fatto (le parole, peraltro poche pure esse, di burocratica riconferma dell’importanza del pluralismo interno lasciano infatti il tempo che trovano) alle istanze poste dai promotori dei due appuntamenti.

Che sono una bella dimostrazione dello spirito e dell’idea originarie – e originali – del PD che ebbe come primo segretario Walter Veltroni: un ricco e vivace pluralismo culturale che si saldava politicamente intorno ai valori costituzionali e a un solidarismo riformista consapevole di dover affrontare, nei tempi nuovi simboleggiati dall’avvio di un nuovo secolo, una reale riforma del Welfare senza però stravolgerlo né vanificarne il significato più profondo, attuale come non mai (allora e ancor più oggi, a fronte di diseguaglianze crescenti nella società e nel mondo del lavoro).

Un pluralismo che in termini politici si estrinsecava nella “vocazione maggioritaria” del Pd, unico incubatore (o quasi) delle ambizioni progressiste e riformiste del campo politiconazionale. Le cose però non sono andate come avrebbero dovuto, e lo si percepì quasi subito: con la detronizzazione di Veltroni, costretto alle dimissioni da un violento attacco portatogli dalla maggioritaria componente ex comunista allora guidata da Massimo D’Alema.

Attraverso diverse fasi, che ora non è qui non è il caso di ripercorrere e che sono ben note a quanti hanno seguito la vicenda del Pd in questi tre lustri – la vocazione maggioritaria è svanita e dunque è venuto meno il cardine sul quale poggiava l’idea. Sino alla disastrosa sconfitta del 2022, che ha spalancato le porte di Palazzo Chigi a Giorgia Meloni, intelligente e capace erede di una storia e di una cultura politica antitetiche e quelle fondative del Pd. Un fallimento clamoroso.

Ora il problema è costruire un’alleanza di centro-sinistra in grado di affrontare in termini competitivi le elezioni politiche del 2027. Appare evidente a chiunque non voglia guardare alle cose con i paraocchi dell’ideologia o della “purezza” di parte che per come si è ormai riposizionato, a sinistra, il Pd (alleato a sua volta con un’altra sinistra, più radicale, quella di Avs, nonché con il nuovo M5S schierato a sua volta all’estrema sinistra ma assolutamente ambiguo su una serie di temi di grande rilevanza), senza una corposa formazione di centro (pur dichiaratamente e senza indugi interessata a costruire un nuovo centro-sinistra) non sarà possibile divenire competitivi con la Destra, che sta rafforzandosi proprio al centro grazie alla imprevista (ma invece comprensibilissima, in mancanza appunto di un credibile competitor in quell’area elettorale) crescita di Forza Italia. 

Questo è il dato politico col quale i convegnisti del prossimo fine settimana dovranno confrontarsi e prendere delle decisioni. Non lo faranno così esplicitamente in quelle giornate, ma il tema emergerà: perché c’è, esiste. E quindi andrà affrontato. Meglio prima che poi.