Il di battito politico più recente riprende ad interrogarsi sulla necessità di una posizione di centro, anche se travagliata dal dubbio ispirazione cristiana sì, ispirazione cristiana no.
Per la verità, non è la prima volta che tali tentativi vengono intrapresi per poi cadere inevitabilmente nel nulla della politica propriamente organizzata.
Si dirà (e sono in molti a sostenerlo) che l’organizzazione dei vecchi partiti politici oggi non regge più rispetto ad una società globalizzata, deideologizzata e secolarizzata, che spesso fa dell’antipolitica e del populismo il motore di quella che viene definita “nuova politica”.
Nuova politica? Se questa novità a cui ormai assistiamo da diversi anni significa il dover agitare in continuazione il popolo (per fini puramente elettoralistici) parlando alla pancia più che alla testa e al cuore; se questa novità significa, altresì, l’uso continuo di un linguaggio rozzo e per nulla educato, fatto di insulti anche personali nei riguardi dell’avversario politico di turno, allora una seria riflessione, anche se sintetica per ragioni di spazio, va fatta.
Non si tratta né di nostalgia, né di riproposizione di vecchi modelli politici, ma di uno sguardo acuto a questa realtà sempre più frastagliata, individualista, edonista, consumista e scristianizzata.
Si può essere favorevoli o contrari a questa globalizzazione del mondo. Favorevoli se per globalizzazione intendiamo ed operiamo per un mondo più giusto, più solidale basato sulla fraternità dei popoli secondi i continui richiami di Papa Francesco. Contrari se questa globalizzazione (purtroppo in atto) significa mercificazione della persona e del lavoro, arricchimento senza regole di pochi, commercio di armi, disconoscimento dei poveri e meno fortunati che bussano alle porte dell’opulenza per il diritto al pane quotidiano, primato dell’economia sulla politica.
Eppure, basta una riconsiderazione seria di alcune fonti storico-politiche inerenti le idee del Partito Popolare di don Luigi Sturzo per riprendere con nuovo entusiasmo un cammino politico bruscamente interrotto, ma valido anche in questi tempi post moderni e globalizzati.
Basti pensare al regionalismo come antifederalismo: Europa delle regioni dove ogni singolo Stato al proprio interno sappia valorizzare ogni potenzialità del territorio inteso come comunità di persone in funzione di tante microeconomie che solidarmente concorrono a creare ricchezza di beni e servizi per tutti.
Ed ancora, il popolarismo come antipopulismo: una nuova idea di proposta politica che dai valori etici e morali sappia arrivare non solo al cuore e alla testa, ma anche alla pancia di tutti i cittadini.
Occorre, come diceva Lazzati, impegnarsi per costruire la città dell’uomo a misura d’uomo.