Il Popolo, la nostra gloriosa testata, manca all’appello.

Si può discutere se dev’essere un organo settimanale, bisettimanale, mensile o anche quotidiano. Ma l’unica cosa che non si può più fare è bloccare - o continuare ad ostruire - la sua pubblicazione.

Lo so. Il tema è antico e non privo di polemiche ed incomprensioni. Ma oggi, però, si ripropone in tutta la sua crudezza a fronte di un quadro dell’informazione alquanto singolare ed anacronistico.

Oggi, pur in assenza dei quotidiani di partito perché, semplicemente, non esistono più i partiti ma solo cartelli elettorali prevalentemente personali, ci troviamo di fronte ad una informazione sempre più faziosa e settaria. È appena sufficiente scorrere i talk televisivi – nello specifico quelli della emittente La7 – per arrivare alla facile conclusione che non può esistere una informazione più settaria, ideologica, faziosa e di parte e accomunata dalla lotta contro un “nemico” implacabile. Per non parlare di alcune testate giornalistiche della carta stampata che, in virtù dell’indipendenza di giudizio e della libertà di informazione, assomigliano quasi più ad organi di corrente che non di partito talmente sono faziosi e settari. Penso, nello specifico, ai quotidiani del Gruppo Gedi, e cioè la Stampa e Repubblica. Perché quelli che hanno un orientamento di centro destra – e tutti sappiamo quali sono – perlomeno lo ammettono serenamente senza esercitarsi in una sempre più insopportabile ipocrisia.

Ora, di fronte ad uno scenario alquanto chiaro che non richiede ulteriori commenti, non possiamo non avanzare anche una precisa riflessione che ci riguarda e che ci interpella direttamente. E parlo proprio dell’area, seppur composita e variegata, cattolico democratica, cattolico popolare e cattolico sociale. Detto con parole ancora più semplici, ma perché di fronte ad una significativa ed importante riscoperta dell’impegno politico e pubblico del mondo cattolico italiano e, soprattutto, della volontà di ricominciare ad incidere attivamente nella cittadella politica contemporanea, non può ritornare una testata che, per la sua gloria antica e per la sua riconosciuta levatura politica, culturale e giornalistica, potrebbe rappresentare una utile e necessaria palestra di confronto, di

dibattito e di approfondimento?

La domanda credo sia legittima e pertinente. Certo, si può e si deve discutere se dev’essere un organo settimanale, bisettimanale, mensile o anche quotidiano. Ma l’unica cosa che non si può più fare è bloccare – o continuare ad ostruire – la pubblicazione de “Il Popolo”. È ovvio, e lo sappiamo tutti, che chi crede nella ripubblicazione de “Il Popolo” può perseguire disegni e prospettive politiche diverse. In sè, un fatto legittimo e quasi scontato. Ma anche di fronte a questa considerazione, peraltro oggettiva, le uniche due cose che non si possono continuare a fare sono quelle di far marcire negli archivi polverosi la tradizione de “Il Popolo” da un lato e, dall’altro, pretendere che può essere ripubblicato solo se diventa un organo di partito o di una corrente di un partito. Ad esempio, del partito della sinistra radicale e massimalista della Schlein.

No, “Il Popolo” – per la sua storia e per la sua gloriosa e nobile tradizione – merita di più. Facciamo

tutti uno sforzo, leale e costruttivo, per farlo uscire dalla palude e dalle sterili polemiche da cortile.