Il Presidente dell’Uncem si rivolge al Parlamento. Il Pnrr deve essere un’occasione per rilanciare le comunità e i territori, senza discriminazioni: i piccoli Comuni contano come i grandi Comuni.

Il documento, sotto forma di lettera indirizzata a Deputati e Senatori, evidenzia come l’Unione dei Comuni e delle Comunità Montane (Uncem) registri con allarme la tendenza a concentrare risorse e attenzioni sui grandi centri urbani. È un appello alla solidarietà contro il corporativismo dei Sindaci metropolitani. Il testo qui riportato è privo, rispetto all’originale, delle classiche formule di apertura e chiusura di una comunicazione scritta.

 

Marco Bussone

 

Nelle ultime settimane si è acceso, sui media e non solo, un intenso dibattito sul ruolo degli Enti locali nell’attuazione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che la Commissione Europea ha approvato. Uncem ha lavorato molto, da marzo a maggio 2021 (e anche da agosto 2020), sulle proposte per il PNRR e sul dossier che racconta quanto vi è all’interno del Piano trasmesso a Bruxelles. Le Risoluzioni delle Camere – e le Audizioni in Commissione – sono state molto importanti. Stiamo redigendo un ulteriore documento con tempi e schede di ciascuna componente, provando a dire come i territori – i Comuni insieme, le Comunità montane, le Unioni montane di Comuni – possono essere protagoniste.

 

Il vero nodo oggi del PNRR, ancora da sciogliere, è quello della governance. Del chi fa che cosa, del come vengono spese (e poi monitorate) le risorse. Dal “Piano dei Borghi” alle misure per l’efficientamento energetico, dalle Green Communities all’autoconsumo e alle Comunità energetiche rinnovabili, le opportunità per i territori ci sono. Ma sappiamo tutti bene che dobbiamo avere, da oggi al 2026, una linea chiara, precisi riferimenti, e poter lavorare per investire le risorse in modo da ridurre le sperequazioni territoriali, sempre più forti. I divari tra nord e sud, tra generazioni, tra donne e uomini non sono gli unici nel Paese: il “patto” tra aree urbane e montane deve consentire di accorciare sperequazioni e disuguaglianze. Ne siamo certi. Come siamo convinti che la “cabina di regia” prevista dal Presidente Draghi debba vedere anche i Comuni impegnati nel definire cosa si fa e come, per attuare il PNRR. Non solo i rappresentanti dei grandi Comuni, ma anche chi rappresenta i piccoli Comuni e i territori deve essere nella “cabina di regia”.

 

Su questo punto centrale per il Paese e per noi, vorremmo lavorare con Voi, con i Gruppi e con le Commissioni. Per agevolare la capacità del Paese di “assorbire” quelle risorse  e avviare un percorso virtuoso che unisca e rafforzi il Paese verso il Futuro.

 

Con l’Esecutivo Uncem, vogliamo portare alla Vostra attenzione alcuni temi centrali per il lavoro che stiamo facendo per i territori e per rafforzare gli Enti territoriali. Il Parlamento è in questo processo decisivo.

 

  1. È secondo Uncem importante – come emerso in due anni e mezzo di lavoro negli Stati generali della Montagna, dare piena attuazione ai provvedimenti legislativi già varati che riguardano territori e Comuni. Ad esempio sbloccare i 160milioni di euro del fondo della legge 158/2017 sui piccoli Comuni, dare una accelerazione alla Strategia aree interne, per le 72 prime aree pilota, e sbloccando 300milioni di euro previsti dalla legge di bilancio 2020, sempre per la SNAI. ANAS, RFI, ENEL, ENI, grandi imprese dello Stato, devono investire sui nostri territori, con un’azione di concertazione che deve essere ripresa. Si attuino la legge sui piccoli Comuni, la legge sulla green economy (con green communities, oil free zones, valorizzazione dei servizi ecosistemici-ambientali, a partire da una percentuale sulle tariffe delle acque potabili degli ambiti che deve tornare a tutti i territori montani italiani, da parte dei gestori del ciclo idrico, per interventi volti alla protezione delle fonti e prevenzione del dissesto idrogeologico), il testo unico forestale. Sono tutte “bloccate” senza decreti attuativi. Il Piano banda ultralarga è drammaticamente assopito. Il digital divide va vinto in fretta, senza se e senza ma. I borghi devono essere luoghi da vivere e abitare, dove fare impresa, non solo destinazione turistica: i piccoli Comuni sono prima di tutto comunità. ll modello francese con il Piano “Avenir Montagne” e il modello spagnolo con il “Plan de Recuperacion” impongono anche all’Italia di avere una efficace strategia, all’interno del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. Strategia che unisca Montagna, Aree interne, Green Communities. Non tre diverse strategie, come si rischia oggi, bensì una sola, dotata di visione e risorse. Per essere in sintonia con i grandi Paesi EU e guidare come Italia il processo.

 

  1. Il nodo fiscale. Occorre lavorare insieme, Parlamento e Associazioni degli Enti locali, per dare dignità e capacità impositiva ai Comuni. E per creare perequazioni fiscali sugli ambiti territoriali. Oggi tutto viene portato a Roma, e va rivista la capacità impositiva fiscale locale. Se vogliamo salvare l’economia di valle, costruiamo sistemi fiscali differenziati per la montagna. I negozi e i bar delle valli appenniniche e alpine muoiono perché manca una volontà politica forte di ridurre loro le imposte e trovare sistemi nazionali di riequilibrio. Parallelamente vanno rivisti e attuati i “Livelli essenziali delle prestazioni”, i LEP sanciti dalla Costituzione. Su scuole, trasporti, sanità occorrono parametri specifici: lo afferma anche il PNRR tra le riforme da fare. La fiscalità locale ha bisogno di un profondo ripensamento. Come occorre dare immediata attuazione al Fondo perequativo di 4,6 miliardi di euro in 10 anni, previsto dal comma 815 della legge di bilancio 2021. È un fondo strategico per montagna e aree interne sul quale lavoriamo da un anno. “Montagna e aree interne” devono essere pienamente inserite tra i beneficiari di questi investimenti. Investire sui territori rende più coeso il Paese.

 

  1. Terza questione, quella organizzativa, istituzionale. I recenti bandi per le assunzioni al sud escludono, gravemente, i Comuni con meno di tremila abitanti. Se crediamo insieme – tutto il Parlamento e il Governo – nei Comuni piccoli, occorre permettere loro di fare un percorso, basato su nuove assunzioni e rafforzamento della loro capacità di azione, anche aiutandoli a lavorare insieme. Le assunzioni devono essere permesse sia ai piccoli Comuni sia alle Unioni montane di Comuni che alle Comunità montane. Siamo senza personale e per attuare politiche di sviluppo del territorio, qualunque esse siano, per garantire servizi e risposte ai bisogni, anche quelli emersi dalla crisi sanitaria, vi è bisogno di persone. Formate e pronte a mettersi in gioco per la PA, per crescere nella PA, per far crescere la PA. E anche di Segretari comunali. Le sedi vacanti in Italia sono 1800. L’ultimo concorso bandito nel 2018, per 300 nuovi Segretari, è fermo. Se non ci sono i Segretari, si permetta ai Sindaci che non hanno un Segretario o lo trovano “a gettone” o lo hanno per tre ore al mese, di trovare altre soluzioni. La macchina amministrativa locale del Paese va rivista, ma non basta una generale riforma della Pubblica amministrazione. Serve una revisione dei livelli istituzionali che guardi efficacemente a come è fatta l’Italia: siamo un Paese di piccoli Comuni – in dialogo tra loro certo, in relazione con il fondovalle, con le città medie, con le zone di pianura – ma questi piccoli Comuni devono avere dignità organizzativa e operativa. È una sfida importantissima. Vinciamola insieme.

 

Sono certo del Vostro interesse per questi e altri temi che nei Gruppi parlamentari e nelle Commissioni potranno essere esaminati, approfonditi, vedere una intensa condivisione volta a rafforzare coesione dello Stato e dei livelli amministrativi territoriali.