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martedì, Febbraio 11, 2025
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Cleopatra/Meloni e Cesare: i dilemmi dell’impero.

Il racconto a sfondo satirico ci parla di un qualcosa che intreccia politica antica e moderna: Cleopatra/Meloni, Cesare e il caos dell’impero romano in vista del discorso per il solis invictus.

Dall’aula magna della Curia Iulia giungono le urla della regina d’Egitto, che non la manda a dire. È scomposta nella voce e nei modi; l’eloquio vira decisamente verso il popolar-nazional-plebeo. I senatori storcono il naso, abituati all’oratoria di Cicerone.

Nella piccola stanza attigua si trovano Cesare e pochi senatori di lungo corso, intenti a intrattenere l’imperatore sul possibile discorso al popolo romano che la regina egiziana Cleopatra/Meloni intende pronunciare per la festa del solis invictus (Natale per i non romani).

È tradizione che chi governa l’impero, per dote propria o per incarico dell’imperatore, offra ogni anno un po’ di beneficenza al popolo e un breve discorso di auguri per un anno prospero e felice.

Quest’anno, però, i senatori presentano a Cesare una lista di ciò che il popolo non gradirebbe sentire.

Il senatore librarius, incaricato di leggere la lista, inizia.

Punto uno: Cleopatra salirà sul carro – o forse no, su una familiare da casa sua – e, bella per l’occasione, dirà che ha lavorato sodo, ha dato il sangue e versato sudore come pochi. Tuttavia, dopo due anni di navigazione, la situazione è ancora un disastro, e ha bisogno di tempo – almeno un annetto – per completare il mandato di Cesare. Chiederà una proroga… e sesterzi.

A sentire ciò, Cesare alza gli occhi al cielo, allarga le braccia ed esplode in un “Quirine!”. Poi lascia cadere rumorosamente le braccia sulle gambe e si adagia sul trono.

Il librarius continua.

Punto due: Il funzionario dell’erario si è dimesso come un novello Cincinnato, lasciando l’incarico. Bisogna trovarne un altro. “Quirine!”, esclama Cesare, ma questa volta non basta. Invoca tutto il pantheon degli dèi.

La cassa dell’impero non è colma, ma per fortuna il fondo non si vede ancora. Tuttavia, sull’erario Cleopatra cosa dirà? I romani, da sempre, pagano le tasse controvoglia, ma le pagano; e l’impero si regge anche sui loro sesterzi, non solo sui bottini di guerra.

Se il capo dell’erario se ne va senza portarsi via nemmeno un sesterzo, i romani, sospettosi per natura, mormorano che forse gli egiziani vogliono portarsi la cassa dell’impero a casa loro, in Egitto!

Cesare si incupisce, accartocciandosi nella sua toga bianca. La regina porta guai, altro che festa per il solis invictus e rinascita dell’impero.

Punto tre: L’assetto dell’impero. Cleopatra/Meloni lo vuole federato, con tante province e un capo solo. Cesare, invece, lo vuole come lo ha trovato e lasciato: una Repubblica. Di federati vede solo gli alleati.

I iudices maximi hanno detto che sentire il popolo si può fare, e forse si deve. Cesare, però, sa come andrà a finire: il popolo romano, se lo fai parlare, o ti accarezza o ti dà un ceffone. Non conosce mezze misure.

Il librarius prosegue.

Punto quattro: gli stranieri. Punto cinque: il lavoro e le pensioni. Punto sei: la salute. Punto sette: la scuola. Punto otto: i trasporti. Punto nove:

La voce del librarius si perde nella stanza. Cesare si alza al punto quattro, con la bile in circolo. Stringe la toga, esce senza un cenno o una parola.

Il librarius tace. In lontananza si sentono i passi di Cesare. Quest’anno niente discorso di festa per il solis invictus. Sarà bene chiarire con la regina Cleopatra che anche l’amore per un vecchio dux ha il suo termine.

N.B. “Quirine” è un vocativo in latino che si riferisce a Quirino, un epiteto del dio Romolo, il leggendario fondatore di Roma. Quirino è una divinità associata alla protezione della città e spesso invocata nei contesti religiosi o solenni. Nel testo, l’esclamazione “Quirine!” è usata in modo enfatico e ironico per esprimere il senso di esasperazione o invocare un aiuto divino davanti a situazioni difficili o paradossali. [Ndr]