Ma veramente il radicalismo è diventato la nuova frontiera della politica italiana? E, di conseguenza, l’esaltazione della radicalizzazione della lotta politica da un lato e la polarizzazione ideologica dall’altro? Se questa è la nuova costante della politica italiana, non possiamo che prendere atto, amaramente, che abbiamo fatto una pesante regressione sul terreno del confronto democratico e della stessa qualità della nostra democrazia.
E questo per una ragione persin troppo semplice da spiegare. E cioè, quando prevale la concezione, e la deriva, della “vittoria finale” e della sola “conquista del potere”, è inevitabile che il tutto si riduce alla distruzione del nemico individuato come un pericolo imminente ed irreversibile per la stessa convivenza democratica se non addirittura per la nostra civiltà. Un contesto che sfocia, come puntualmentesta già capitando, nella deriva degli “opposti estremismi” tristemente noti e conosciuti nella storia democratica del nostro paese. Ma quella deriva, profondamente e squisitamente antidemocratica ed anti costituzionale, è stata affrontata e sconfitta nel passato perché esisteva un partito – si chiamava Democrazia Cristiana e con la Dc i suoi alleati di governo – che rifiutava quasi per statuto la radicalizzazione della lotta politica.
Una politica senza baricentro
Ma quali sono, oggi, le forze che concretamente respingono quella deriva e percorrono la strada del confronto democratico, della cultura di governo, del rispetto dell’avversario che non è mai un nemico da abbattere e da annientare definitivamente, della ricerca del compromesso per raggiungere il “bene comune”, del rispetto rigoroso di tutte le opinioni e quindi del pluralismo e infine, ma non per ordine di importanza, dei valori costituzionali? È appena sufficiente ascoltare ogni giorno il confronto tra i capi della coalizione di sinistra e alcuni leader del centrodestra per rendersi conto che anche, e soprattutto, nel nostro paese la deriva della radicalizzazione del conflitto politico e della polarizzazione ideologica hanno il sopravvento.
L’assenza di una forza equilibratrice
E questo scenario, purtroppo, è il frutto concreto di un grande assente nella politica italiana. Manca, cioè, quella categoria politica e culturale che la miglior tradizione democratico-cristiana, come non si stancava di ripetere uno dei suoi ultimi leader, Guido Bodrato, amava definire come “politica di centro”. Che non era solo uno slogan o un progetto politico o un posizionamento tattico. Era anche, e soprattutto, un metodo, uno stile e una postura. Nello specifico, una postura di governo.
E la mancanza, oggi, di una forza politica autorevole e rappresentativa che sappia rideclinare una “politica di centro” matura ed adulta purtroppo lascia campo aperto a quelle forze che fanno dell’estremismo verbale, del radicalismo politico e del massimalismo ideologico la loro ragion d’essere. Insomma, manca un paracadute.
L’antidoto contro l’imbarbarimento politico
E, di fronte ad uno scenario del genere, è perfettamente inutile denunciare periodicamente quella che ormai viene comunemente definita come “cultura dell’odio”. L’odio, categoria o sentimento che sia, purtroppo, è sempre esistito e sempre esisterà. Ma nella politica cresce e si consolida se la maggioranza delle forze politiche fa del radicalismo e dell’estremismo il loro modo d’essere principale se non addirittura esclusivo.
A volte, la situazione che abbiamo di fronte a noi è molto più semplice di quel che appare. Ecco perché è sempre più indispensabile, nonché necessario e anche utile, riscoprire oggi nel nostro paese quella “politica di centro” che era, è e resta l’unico vero antidoto contro ogni forma di decadimento etico della nostra democrazia e di imbarbarimento del nostro confronto politico.