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martedì, 3 Giugno, 2025
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Il realismo della pace: da Milano può partire un’altra storia

La voce dei cattolici democratici, la cultura della mediazione, il rifiuto degli estremismi: dalla manifestazione del 6 giugno, promossa da Italia Viva e Azione, un segnale per superare l’impasse della politica italiana.

L’adesione dei cattolici democratici di Tempi Nuovi alla manifestazione Due popoli, due Stati, un destino, che – insieme ad Azione e altre sigle che stanno aderendo – Italia Viva ha promosso per venerdì 6 giugno al Teatro Parenti di Milano, rappresenta un elemento qualificante da salutare con soddisfazione.

Essa, infatti, contribuisce a portare ulteriore valore aggiunto a un’iniziativa nata al fine di profilare una lettura adeguata e idonea del dramma di Gaza e, più in generale, della tragica complessità innescatasi in Medio Oriente dopo il pogrom del 7 ottobre.

 

Né slogan, né tifoserie

L’opinione pubblica chiede giustamente la fine delle ostilità, dei lutti e dei drammi, e le forze politiche e sociali hanno il compito di dare voce a questo sentimento, aggiungendo ad esso un approccio finalizzato a fornire chiavi e soluzioni, e non solo l’urlo degli slogan piuttosto facili.

Ancora una volta, infatti, di fronte a un dramma del nostro tempo, rischiamo che la politica cada vittima della doppia dimensione di questi anni: l’immediata polarizzazione da un lato, che porta alla dinamica della tifoseria, e la conseguente sterilità dall’altro. È così che la politica diventa nei fatti improduttiva e viene sostanzialmente percepita inutile, perdendo per strada la sua essenza.

 

Gaza e lafonia italiana

Lo vediamo anche davanti al dramma di Gaza. La nostra politica rischia di schierarsi e spaccarsi tra i tifosi di Israele e quelli della Palestina, dimenticandosi di entrare nel merito di analisi che dovrebbero essere più raffinate dell’urlo e dello slogan.

E quando questo avviene, ci si avvia su una china che ci porta all’emarginazione. Lo abbiamo visto con il governo italiano, dapprima espressione di uno stabile e ostentato asse della destra globale dentro il quale si è giocata anche la visita di Giorgia Meloni in Israele con relativi abbracci a “Bibi”, e successivamente scavalcato a sinistra anche da Trump, al punto da costringere il ministro Tajani a funambolici esercizi in Parlamento che producono nei fatti l’afonia dell’Italia su un tema così sensibile e importante.

Al punto da non riuscire a profferire una parola contro l’ipotesi avanzata da Trump di deportare un milione di “gazawi” in Libia, circostanza che farebbe esplodere la già precaria polveriera libica con ripercussioni sulla nostra stessa sicurezza nazionale.

 

Oltre la propaganda

E lo vediamo con pezzi dell’opposizione, che abbracciano una lettura faziosa della Storia schierandosi apoditticamente sotto lo slogan “Free Palestine”, dimenticandosi di richiedere l’espunzione di Hamas dalla Storia e confondendo in un unico crogiolo il governo di destra israeliano con tutto il popolo e la società di Israele, o addirittura con tutti coloro che professano la religione ebraica.

 

Riprendere la lezione dei costruttori

Dentro questa dinamica di polarizzazione, avere chi ancora alza la bandiera consegnataci da La Pira dell’esigenza di costruire la pace tra i figli di Abramo è un elemento di speranza, ma anche di lavoro politico.

Un lavoro che parla all’oggi, guardando al dramma mediorientale con l’esigenza di riprendere la lezione di Moro, Fanfani e Andreotti sul tema.

Ma che parla anche all’Italia di domani, che vorremmo non fosse percorsa dai brividi di una politica tanto declamatoria quanto inconcludente, bensì animata da quella che De Gasperi ci insegnava dicendo che “politica vuol dire realizzare”.

E in questo, da Milano può partire qualcosa.

 

Sen. Enrico Borghi

Vice Presidente Italia Viva