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martedì, Febbraio 11, 2025
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Il rosso Daspo e una civiltà in frantumi

Il toro non è attratto dal rosso ma dall’agitarsi del drappo da parte del torero. Sembra che i Sindaci siano attratti dal Daspo senza centrare la soluzione vera a cui si dovrebbe ricorrere.

Ci sono colori destinati a passare alla storia, ad esempio il rosso e il nero. Da sempre, ricchi di simbolismo, confliggono tra di loro politicamente e per combinazioni.

Il primo può ottenersi mischiando un colore primario insieme ad uno secondario. Il secondo invece può aversi anche miscelando esclusivamente colori nobili segnando un punto a favore del proprio rango.

Stendhal ci ha scritto sopra un romanzo dove il protagonista è in conflitto tra il nero della affermazione sociale ed il rosso della passione. Il rosso e il nero è anche la puntata di rischio alla roulette, ti obbliga ad una scelta di campo, vinci la posta o perdi tutto.

Il nero fa pensare al misterioso modo di comporsi del potere ed al suo occulto esercizio. Il rosso, diversamente, è il vessillo visibile di una protesta permanente contro di esso.

Prima a Milano e adesso anche a Roma i Sindaci di Sinistra hanno inaugurato provvedimenti di sicurezza dando vita al Daspo rosso.

Daspo è l’acronimo del divieto di accedere alle manifestazioni sportive. È una misura che sta infettando il resto del territorio urbano che pure non si occupa di sport ed è stata presa in prestito per rendere inaccessibili zone della città a delinquenti e malavitosi di tal risma.

Si scateneranno polemiche al pari delle misure che stabiliscono la creazione delle ZTL, zone a traffico limitato.  I fautori magnificano la possibilità di camminare in vie centrali e di lustro della città senza il timore di essere calpestati dalle automobili. I contrari invece contestano che lo spazio sottratto alla circolazione intasa ancor più densamente il traffico nel territorio circostante.

I violenti e i banditi non scompariranno, potranno piuttosto darsi da fare fuori dal cerchio rosso. La prima paradossale conseguenza sarà che il buon cittadino dovrà barricarsi all’interno della fascia protetta con il timore di mettere il naso fuori da essa. Chi ne restasse fuori, dovrà fronteggiare una ulteriore concentrazione di fuorilegge e per cavarsela non resterà che affidarsi alla preghiera.

Al solito, il problema di un buon vivere viene aggirato o decentrato. L’impressione è quella del ricordo di alcuni film di fantascienza dove ci sono zone interdette agli abitanti di un certo pianeta o dove i Cattivi sono spediti al confino in altre galassie o roba del genere.

Il Daspo fa pensare ad un raspo senza chicchi, a decisioni che prendono atto che non c’è succo da salvare ma dove è possibile giocare solo in difesa o mettere più convenientemente la polvere sotto il tappeto. È forse il colore di un atto di resa, dove sventola la bandiera non più bianca ma rossa. Sarà poi da stabilire, in concreto, quante energie assorbirà la verifica del rispetto del Daspo e quali sanzioni saranno effettivamente adottate in caso di infrazione.

Verrebbe banalmente da ragionare che se si è in affanno ad arginare i delinquenti a regime normale, altrettanta difficoltà permarrà in ogni caso con il Daspo in azione.

Nel nostro paese i semafori giocano su tre colori. Escluso il giallo ambra, il verde richiama la natura ed è una concessione alla serenità. Il rosso al contrario riconduce d’istinto primordiale al sangue e quindi al pericolo e all’attenzione.

Forse è corsa una linea rossa telefonica tra Sala e Gualtieri e c’è da credere che altri ci faranno su un pensiero per adottarla a loro volta. Se questa è la situazione, c’è da diventare rossi di rabbia e di vergogna per lo stato dei fatti. Si fa passare per un intervento di amministrazione quella che è piuttosto la fotografia di una tragedia.

Il quadro a cui si va incontro segnala una politica, quanto alla sicurezza, dai conti in rosso. Come è noto il toro non è attratto da quel colore ma dall’agitarsi del drappo da parte del torero. Sembra che i Sindaci siano attratti dal Daspo senza centrare invece la soluzione vera a cui si dovrebbe ricorrere.  Non sarà dire a gentaglia di ogni tipo che alcuni quartieri della città per loro sono fuori servizio a risolvere la faccenda.

Il loro cuore rosso batterà ugualmente e forse ancor più all’impazzata. “Rosso di sera buon tempo si spera”, è l’augurio da ripudiare.