Il Senato Usa costringe alle scuse Mark Zuckerberg

Da anni ci si interroga sull’uso dei social, che poi diventano “dissocial” poiché, lungi dal favorire un supporto all’impegno educativo delle famiglie, crescono all’ombra di una diffusione senza tutele.

La Commissione Giustizia del Senato USA ha convocato e audito i potenti dell’hi tech, coloro che detengono il primato dei social media americani: in quella sede è andata in scena una sorta di messa in stato d’accusa della comunicazione e dell’informazione via web, per le conseguenze drammatiche provocate in danno di minori e adolescenti caduti nelle “rete”: erano infatti presenti molti genitori di ragazzini vittime di adescamenti sessuali, giochi pericolosi, istigazione al suicidio.

Sul banco degli invitati-imputati i Ceo dei cinque principali network USA (ma con influenza e penetrazioni planetarie), da Mark Zuckerberg (Meta) a Linda Yaccarino (X), Shou Chew (Tik Tok) Evan Spiegel (Snap) e Jason Citron (Discord). Da quanto diffuso dai media americani non si è trattato di una messinscena, vista la durezza delle accuse peraltro debordate anche sul cotè della politica: di fatto la campagna elettorale per le presidenziali è virtualmente aperta, pur nell’attesa di presentare i due contendenti, ma l’argomento era troppo ghiotto per trasformare la conferenza in una burletta di simulazioni e domande concordate.

Da alcuni anni a questa parte la diffusione delle tecnologie, la dilagante digitalizzazione, gli scenari aperti dal metaverso e dagli iniziali esperimenti di intelligenza artificiale hanno imposto un’area tematica che sta rivoluzionando il mondo delle comunicazioni e prelude a scenari persino sconvolgenti negli stili di vita degli “umani” che ne saranno inevitabilmente coinvolti. Fermare questa deriva equivarrebbe a tentare di arrestare uno tsunami con l’uso delle mani, ma certamente la facilità con cui hardware e software si sono diffusi, algoritmi e stilemi linguistici hanno sostituito gli alfabeti tradizionali, il fatto che questo universo in gran parte inesplorato e sconosciuto ai più, ma gestito con disinvoltura e poco senso etico e della misura da poche mani sapienti per finalità commerciali e con profitti stellari, sia frequentato in prevalenza da giovani o giovanissimi, senza una guida orientativa e senza confini tematici, ha costituito una vera e propria rivoluzione culturale che la scuola non è riuscita a controllare, per sdoganare e limitarne gli effetti distorsivi.

Da anni ci si interroga sull’uso dei social che diventano “dissocial” poiché, lungi dal favorire un supporto all’impegno educativo delle famiglie e più specificatamente didattico e pedagogico dei sistemi formativi, hanno favorito da un lato una diffusione massiva incontrollata, dall’altro non hanno posto tutele e ripari alla fruizione solipsistica e fuorviante delle tecnologie.

Navigare senza rete non ha quasi mai favorito approdi rassicuranti, Itaca è scomparsa dagli orizzonti degli esploratori. Ai genitori presenti all’audizione – in genere muniti di cartelloni di protesta e foto di figli rovinati dall’uso incontrollato dei social media fino a diventarne vittime sacrificali, Zuckerberg si è rivolto direttamente per chiedere scusa, eludendo le domande più tecniche poste dai senatori. Negli USA il fenomeno delle devianze prodotte dalla tecnologia incontrollata nell’uso fino a normalizzare una serie infinita di abusi e comportamenti distorsivi è presente da molto tempo: ma la globalizzazione ha rapidamente esportato tutti gli aspetti più deleteri e deteriori di questa dilagante deriva.

Dobbiamo porci anche qui, in Italia e in Europa, più di un interrogativo sul da farsi ricordando il ‘non fatto’: sono innumerevoli gli episodi che già da diversi anni si sono verificati con crescente intensità e perniciosa creatività: l’emulazione, l’indifferenza degli adulti ammantata da un’assenza di regole e norme di comportamento che rasenta l’incoscienza hanno consentito una sovraesposizione al pericolo nella frequentazione dei social, fino a farli diventare una sorta di cloaca maxima dove affogare senza tornare a galla. Per questo il senso di questa iniziativa del Senato americano dovrebbe avere il valore di un incipit per la politica a livello planetario.

Troppi episodi archiviati come errori, infortuni o fatalità vanno invece ricondotti alle politiche diseducative che i grandi network hanno favorito, anteponendo la contesa tra loro di una primazia di diffusione e ‘potentato’ senza interrogarsi sugli esiti disastrosi possibili. Poiché ovunque è ormai così: ricordo come grazie all’ospitalità di Barbara Stefanelli molti anni fa potevo segnalare su ‘La 27ª ora’ i casi di cyberbullismo, di violenze agite attraverso le tecnologie, le fide assurde alla morte, seguendo video diffusi in rete, le prove di impiccagione, l’attraversare i binari del treno all’ultimo secondo.

E insieme a questo la diffusione della pornografia, della prostituzione minorile agganciata in rete e tutte le raffinate distorsioni che ne sono via via derivate, a cominciare dal revenge porn, la trasgressione più odiosa, la “vendetta” realizzata attraverso la diffusione di immagini intime carpite a insaputa delle vittime. Perciò quanto accaduto al Senato USA dovrebbe valere – come fatto eclatante che scuote le coscienze – ovunque. Il reporter del New York Times, David McCabe, ha raccontato di non aver mai visto nulla di simile in un’audizione.

I Ceo dei network più potenti messi alla sbarra, anche sotto il profilo della liceità di accordi commerciali con Paesi competitor degli USA e rappresentanti dell’altra faccia del pianeta, quella delle dittature e delle mire espansionistiche. Tema che ci riguarda da vicino poiché attraverso questi interessi commerciali delle grandi aziende può essere favorita l’infiltrazione di ideologie che combattono le democrazie del mondo, a partire dalla disgregazione delle singole democrazie (come spesso mi ricorda il Prof. Vittorio Emanuele Parsi). Né va dimenticato come i social siano spesso i megafoni dell’omologazione culturale: la negazione della loro essenza poiché falsificano e distorcono la comunicazione fino a diventare la causa più diffusa delle solitudini siderali e spesso disperate del nostro tempo.